I Giudici di Palazzo Spada, con sentenza n. 22/2020 resa in Adunanza Plenaria, intervengono a sancire l’ammissibilità dell’avvalimento ex art 89 del Dlgs 50/2016 nelle attestazioni SOA (acronimo per “Società Organismo di Attestazione”, vale a dire una certificazione obbligatoria che le imprese partecipanti ad una gara  sono obbligate a produrre  per  dimostrare l’esistenza dei requisiti economico-organizzativi dell’impresa). Parimenti, il Giudice della nomofilachia amministrativa chiarisce la natura giuridica dell’invalidità delle clausole dei bandi di gara che si pongano in contrasto con il c.d. principio di tassatività delle cause di esclusione ex art 83 comma 8 dello stesso Codice dei contratti pubblici, ritenendole affette non già da annullabilità per violazione di legge, quanto più propriamente da nullità testuale parziale ( come tali da considerarsi come non apposte nel disciplinare di gara, senza inficiare la validità del provvedimento nel suo complesso).

Infine, viene chiarito come i provvedimenti adottati da una PA, che facciano applicazione ovvero comunque si fondino su di una clausola nulla, debbano essere impugnati nell’ordinario termine di decadenza, anche al fine di far valere l’illegittimità derivante dalla applicazione della clausola nulla.

 

Con la pronuncia non definitiva in oggetto, la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato i seguenti principi di diritto:

  1. a) la clausola del disciplinare di gara che subordini l’avvalimento dell’attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell’attestazione SOA anche della stessa impresa ausiliata si pone in contrasto con gli artt 84 e 89, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 ed è pertanto nulla ai sensi dell’art 83, comma 8, del medesimo decreto legislativo;
  2. b) la nullità della clausola ai sensi dell’art 83, comma 8, del d.lgs .n.50 del 2016 configura una ipotesi di nullità parziale limitata alla clausola, da considerare non apposta, che non si estende all’intero provvedimento, il quale conserva natura autoritativa;
  3. c) i provvedimenti successivi alla adozione, che facciano applicazione o comunque si fondino sulla clausola nulla, ivi compresi il provvedimento di esclusione dalla gara o la sua aggiudicazione, vanno impugnati nell’ordinario termine di decadenza, anche per far valere l’illegittimità derivante dall’applicazione della clausola nulla.

 

La decisione in commento concerne una procedura indetta dal Ministero della Difesa per l’affidamento dei lavori aventi ad oggetto l’ampliamento della capacità di base del deposito carburanti nell’aeroporto militare di Grosseto, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo ai sensi dell’art 95 comma 4 del Dlgs 50/2016; il bando di gara richiedeva, trattandosi di appalto di lavori di importo superiore ad euro 150.000,00, il possesso di adeguata attestazione SOA in corso di validità da parte dei concorrenti ai sensi dell’art 84 Dlgs medesimo.

Le offerte presentate erano molteplici, ma alcune erano state escluse in quanto le offerenti non avevano presentato una propria attestazione SOA, così come prescritto dal punto n. 20 del disciplinare di gara.

Uno dei raggruppamenti esclusi proponeva dunque ricorso innanzi al T.A.R. per la Toscana, impugnando anzitutto il disciplinare di gara nella sua portata escludente in base al citato art 20, deducendone la nullità per violazione dell’art 83 comma 8 del Dlgs 50/2016, unitamente al provvedimento di esclusione ed a quello di aggiudicazione della gara a favore di altro raggruppamento.

Più precisamente, il ricorrente in prime cure aveva avuto modo di dolersi della impugnata disposizione del bando di gara, nella parte in cui aveva previsto che l’offerente doveva già possedere una propria attestazione SOA, per due ordini di motivi:

  1. anzitutto perché sarebbe stato de facto annullato  il ricorso stesso all’avvalimento, utilizzato dale imprese proprio al fine di supplire alla mancanza delle qualificazioni tecnico – professionali necessarie per eseguire  i lavori,
  2. doveva in ogni caso essere consentito alle imprese pur sprovviste di requisiti tecnici, come nel caso di specie l’attestazione SOA, di poter partecipare alle procedure di evidenza pubblica previo ricorso all’istituto dell’avvalimento, ex art 89 del Codice contratti pubblici, in nome del principio concorrenziale e di apertura delle procedure selettive anche alle piccole e medie imprese.

 

Con sentenza 356 del 13.3.2019, il Tar per la Toscana ha dichiarato la nullità della clausola ex art 20 del disciplinare di gara e, di conseguenza, ha provveduto ad annullare il provvedimento di esclusione della ricorrente e tutti i successivi atti del procedimento, ivi incluso quello di aggiudicazione in favore del raggruppamento controinteressato, che successivamente ha proposto appello avverso la decisione del giudice di prime cure.

 

La causa è stata dunque affidata alla V sez. del C.d.S., la quale, con sentenza non definitiva n. 1920 del 17.3.2020, ha rimesso alla Adunanza Plenaria le seguenti questioni:

“a) se rientrino nel divieto di clausole cosiddette atipiche, di cui all’art 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le previsioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art 89 del medesimo decreto legislativo, escluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico finanziario o tecnico – professionale”;

  1. b) se, in particolare, possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento della attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che già ne posseggano una propria”.

 

Sul punto, così investita della questione, l’Adunanza Plenaria, quanto al primo quesito, dopo aver delineato  la ratio delle norme relative al principio di tassatività delle cause di esclusione e all’istituto dell’avvalimento ( artt 83, comma 8, e 89 Dlgs 150/2016) – anche alla luce delle acquisizioni pretorie consolidatesi già nella vigenza della precedente codificazione del 2006, come modificata dalla novella del 2011 (cfr A.P. n. 23/2016) – ha ritenuto affetta da nullità per violazione dell’art 83, comma 8, dlgs 50/2016, la clausola in questione, in quanto essenzialmente sprovvista di idonea base normativa: in altre parole, se è pur vero che la PA possa, ex art 83 dlgs 50/2016, disporre limitazioni alla partecipazione alla gara rispetto a quelle normativamente previste, che integrino speciali requisiti di capacità economico – finanziaria o tecnica che siano coerenti e proporzionati all’affidamento, non le è, viceversa, consentito di imporre adempimenti in modo che ostacolino in modo generalizzato la partecipazione alla gara, come nel caso di specie, senza che la legge lo permetta ed in violazione del principio concorrenziale: ciò è tanto più vero tenuto conto che l’avvalimento è istituto di carattere generale, le cui deroghe sono tassativamente previste dal medesimo art 89 del Codice dei contratti pubblici.

Lo stesso Giudice della nomofilachia amministrativa ha peraltro chiarito come, secondo costante giurisprudenza, ai fini del legittimo avvalimento della attestazione SOA sia necessario che l’impresa ausiliaria metta concretamente a disposizione dell’ausiliata l’intero complesso dei fattori e delle risorse che le hanno consentito di acquisire l’attestazione da mettere a disposizione.

 

– Relativamente al secondo quesito rimessole – dopo una completa disamina dell’istituto della nullità dell’atto amministrativo e dei relativi  rapporti con l’annullabilità del medesimo, secondo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale del diritto amministrativo – l’Adunanza Plenaria chiarisce che si tratta di una forma di nullità parziale, che non invalida l’intero bando e che non dà luogo ad alcuna fattispecie di nullità derivata: sul punto, l’Adunanza Plenaria ha richiamato espressamente la propria precedente pronuncia n. 9 del 2014, con la quale ha statuito che in tema di nullità riferita a singole clausole di un bando di gara, per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, occorre fare applicazione del principio vitiatur sed non vitiat ex art 1419 comma 2 c.c.

Parimenti, la nullità di tali clausole comporta l’applicazione del diverso regime dei termini di impugnazione, ossia di 180 giorni, con possibilità di eccepire detta nullità ovvero di rilevarla d’ufficio senza limiti di tempo, con la conseguenza che la clausola escludente nulla è sempre disapplicabile da parte della stessa PA ovvero dal giudice, in quanto priva di efficacia.

Ricorda infine l’Adunanza Plenaria che, se è pur vero che la clausola escludente nulla non debba necessariamente essere impugnata entro l’ordinario termine di decadenza, sussiste cionondimeno uno specifico onere di impugnazione degli atti successivi che ne facciano applicazione, secondo gli ordinari termini previsti a pena di decadenza.