Con  sentenza del 23.11.2023, n. 10044 il Consiglio di Stato è tornato ad affrontare la questione dell’elemento soggettivo richiesto dal reato di lottizzazione abusiva, disciplinato dall’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001.
La vicenda in oggetto trae origine dall’impugnazione, da parte di uno dei proprietari dei terreni illegittimamente frazionati, del provvedimento con cui il Comune gli aveva ingiunto la demolizione dei manufatti abusivi e il ripristino dello status quo ante.
Avverso e per l’annullamento del suddetto provvedimento, il ricorrente aveva dedotto sei separati motivi, consistenti sinteticamente, da un lato, nella contestazione della violazione delle garanzie del giusto procedimento, con specifico riferimento all’omessa comunicazione di avvio del procedimento e, dall’altro, dell’eccesso di potere per avere l’Amministrazione emanato un provvedimento carente dei presupposti di fatto tipici della lottizzazione abusiva.
All’esito del giudizio di primo grado, la Sezione II del T.A.R. Napoli, con sentenza n. 1098 del 27.02.2019, ha respinto integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’operato del Comune.
Tempestivamente gravata la decisione, gli appellanti (eredi del ricorrente originario) hanno riproposto, dinanzi al Consiglio di Stato, le medesime censure rigettate in prime cure.
Orbene, nel definire la presente vicenda, il Supremo consesso di giustizia amministrativa, richiamando il proprio precedente giurisprudenziale di cui alla Sentenza n. 1271/2021, premette innanzitutto che la lottizzazione abusiva, costituendo un fenomeno incidente sull’assetto urbanistico e lesivo della funzione pianificatoria dell’ente locale, vada sanzionato nel suo complesso, ossia prescindendo dalle effettive e concrete responsabilità dei singoli.
Successivamente, nell’esaminare il sesto motivo di appello, concernente la supposta erroneità del capo della Sentenza con cui il T.A.R. Napoli aveva ritenuto legittima l’estensione del provvedimento anche ad una particella di terreno priva di costruzioni abusive, il Consiglio di Stato ha affermato che la lottizzazione vada considerata in senso generale, ossia prescindendo dalla (limitativa) attinenza alle singole porzioni di suolo edificato.
Da queste caratteristiche deriva, secondo il ragionamento seguito dai Giudici di Palazzo Spada, che la lottizzazione operi in modo oggettivo, indipendente dalla concreta volontà dei proprietari interessati.
Il perfezionamento di detta fattispecie di reato è infatti completamente scisso dallo stato soggettivo di buona o mala fede dei singoli lottizzanti, dal momento che, a rilevare ai fini
della sussistenza della lottizzazione medesima, è l’elemento oggettivo dell’intervenuta e illegittima trasformazione urbanistica del territorio.

Stante la natura contravvenzionale dell’illecito lottizzatorio, precisa il Consiglio, gli eventuali acquirenti dei singoli lotti risultati frazionati dovranno dimostrare, per sottrarsi alla responsabilità penale, che non sia loro imputabile alcuna condotta colposa, attestando conseguentemente di avere, non solo, agito in buona fede, ma “di aver adoperato la necessaria diligenza dell’adempimento dei doveri di informazione e conoscenza senza, tuttavia, rendersi conto [sempre] in buona fede, di partecipare ad un’operazione di illecita utilizzazione del territorio” (cfr. p. 11 della Sentenza in oggetto).
Ove sia carente una siffatta, rigorosa prova, i soggetti ingiunti non potranno quindi che andare incontro alle responsabilità penali e amministrative connesse alla compiuta lottizzazione abusiva, potendo, tutt’al più, evocare i principi costituzionali e comunitari di buona fede e di presunzione di non colpevolezza ai soli fini della mancata applicazione della sanzione penale accessoria della confisca di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e non anche per evitare l’irrogazione della sanzione amministrativa dell’acquisizione coattiva dell’immobile al patrimonio disponibile del Comune di cui all’art. 30, co. 8 del D.P.R. n. 380/2001, costituente un atto vincolato, che si verifica di diritto in caso di inottemperanza all’ordine ripristinatorio