Con ordinanza 46076 del 2021 la Corte di Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma IV d.lgs. n. 159 del 2011 nella parte in cui consente l’emissione dell’avviso orale “aggravato “da parte del Questore senza indicarne la durata minima e quella massima.

La questione è stata sollevata a seguito dell’emissione di un provvedimento del Questore di Roma in data  18 agosto 2019 nei confronti di un soggetto cui, in ragione dei  precedenti penali, era stato imposto lo specifico divieto di possesso  e uso di “qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente( … )”  oltre al divieto di accesso a Internet, ricomprendendo tra gli strumenti vietati anche i telefoni cellulari. La decisione era stata presa sulla base di un giudizio prognostico negativo effettuato con riguardo delle condanne passate in giudicato per reati di tentata rapina, lesioni personali, rissa e minaccia, e all’accertamento di ulteriori reati di maltrattamenti in famiglia, minaccia, furto, resistenza a pubblico ufficiale.

La Corte, nel richiamare un precedente arresto della Corte Costituzionale emesso in relazione alla “diffida“,  precedente normativo dell’avviso orale, ha evidenziato come le ragioni che avevano portato la Corte a respingere la questione di legittimità si  erano fondate sulla natura giuridica dell’istituto che non era stato ritenuto assimilabile ad una misura di prevenzione  risolvendosi – esso- in un mero invito a cambiare tenore di vita onde costituire, nell’ipotesi in cui il soggetto interessato non vi si fosse uniformato, un valido  presupposto per consentire la  proposta  da parte del Questore all’emissione da parte del Tribunale penale competente della misura della sorveglianza speciale.

Il divieto di possedere determinati apparati (di comunicazione, di trasporto) o determinati oggetti e/o sostanze (pirotecniche, infiammabili, ecc.) è stato introdotto, nell’art. 4 I. 1423/1956, dalla legge n. 128 del 2001 (e successivamente modificato, in parte, dalla I. 15 luglio 2009, n. 94).  Inoltre, con l’entrata in vigore del d.lgs. 159 del 2011 (c.d. Codice Antimafia), l’art. 3, commi 4, 5 e 6, ha riprodotto le disposizioni previgenti, prevedendo che i divieti possano essere imposti, con l’avviso orale, alle persone riconducibili ad una delle categorie di pericolosità ‘generica’ previste dall’art. 1, purché già condannati definitivamente per delitti non colposi; i medesimi divieti, inoltre, possono essere imposti ai sottoposti alla sorveglianza speciale, purché condannati definitivamente per delitti non colposi, ai sensi del comma 5 dell’art. 3 d.lgs. 159/2011.

Mentre i divieti imposti ai sensi del comma 5 non pongono problemi interpretativi in merito alla durata, che può ritenersi assoggettata alla disciplina dell’art. 8, comma 1, per la misura della sorveglianza speciale, che prevede una durata non inferiore ad un anno né superiore a cinque anni, la questione ella durata della durata sia minima che massima resta, invece, irrisolta con riferimento ai divieti accessori alla misura di prevenzione personale dell’avviso orale, applicata dall’autorità amministrativa, non già alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata dall’autorità giudiziaria.

Ne deriva che, se l’avviso orale contiene prescrizioni del tipo di quelle indicate nel disposto normativo del codice antimafia all’art. 3, commi 4, 5, 6, esso presenta caratteristiche del tutto diverse dall’avviso orale semplice che rappresenta, ancor oggi, al posto della pregressa diffida, una mera esortazione rivolta alla persona ritenuta pericolosa a mutare condotta e che, a ben ragione, non necessita dell’indicazione di di alcun termine di durata minima e massima.

Per l’avviso orale semplice appare pertanto certamente ancora attuale  il dettato della Corte Costituzionale del 1987 che con l’ordinanza n. 499 ha ritenuto che la diffida non fosse in contrasto con la Costituzione, in quanto non produceva effetti riduttivi per la libertà personale dal momento che  essa è da intendersi  un’ingiunzione a cambiare condotta e ad osservare i princìpi dell’ordinamento Essa, infatti,  contrariamente alle misure di prevenzione dell’obbligo di soggiorno, rimpatrio obbligatorio ecc., non produce, di per sè, effetti riduttivi o compressivi delle libertà individuali perché la sua efficacia temporale è legata al permanere di una determinata condotta e spiega i suoi effetti fino al momento in cui l’interessato non ne abbia chiesto, ed ottenuto, l’annullamento o la revoca in sede amministrativa, a seguito di cambiamento di condotta; al contrario, le misure dell’obbligo di soggiorno, del rimpatrio obbligatorio ecc., appunto in virtù del loro effetto riduttivo delle libertà individuali, devono essere, per loro natura, temporanee”, ha dichiarato manifestamente infondata la questione.

Per effetto della stratificazione normativa intervenuta a seguito dell’approvazione del codice antimafia si è, invece, pervenuti all’adozione di una nuova misura di prevenzione personale che incide, ed anche in maniera significativa, sui diritti fondamentali delle persone. E’ il caso dell’avviso orale “aggravato” che, secondo la Corte di Cassazione, deve ritenersi incidere fortemente sulle libertà fondamentali dell’individuo  si da costituire una“sorta di ‘spada di Damocle’ permanentemente incombente sulla persona destinataria”.  Di particolare rilievo, secondo la Corte di legittimità, sono da questo punto  di vista, i divieti “di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente”, oggetto precipuo dell’avviso orale oggetto di ricorso, per la potenziale capacità di compromettere del tutto, o comunque in maniera significativa, le libertà fondamentali connesse alle libertà di comunicazione (art. 15 Cast.) e di espressione (art. 21 Cast.), anche nella dimensione passiva – enucleata espressamente dall’art. 10 CEDU e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, rilevante quale parametro interposto, ai sensi dell’art. 117 Cast. -della “libertà di ricevere informazioni”.

Secondo la Corte di Cassazionela norma di cui all’art. 3, comma 4, d.lgs. 159/2011 non appare rispettosa innanzitutto della riserva di giurisdizione, in quanto affida l’imposizione dei divieti connessi all’avviso orale all’autorità amministrativa, non già all’autorità giudiziaria.

Sotto altro profilo, la riserva di legge risulta compromessa e vanificata, nella sua funzione di garanzia, da una disposizione che, nel prevedere la possibilità di imporre divieti all’esercizio di libertà costituzionali (i “casi” e i “modi” di cui all’art. 13 Cast.), non riconosce “le garanzie” legate alla predeterminazione della durata, massima e minima, del provvedimento limitativo.

Per ultimo. la mancata previsione della durata dei divieti imposti con l’avviso orale aggravato determina un deficit di legalità convenzionale, non essendo prevedibile, da parte del destinatario della misura di prevenzione, la modalità temporale di esercizio del potere limitativo. Non senza considerare che essa deve intendersi sproporzionata  rispetto  allo scopo legittimo di prevenzione dei reati.