Con ordinanza n. 25334 del 22/04/2021, la Corte di Cassazione ha rimesso una importante questione alle Sezioni Unite, concernente l’annosa questione della rilevanza penale della pedopornografia domestica. La delimitazione di tale concetto è di fondamentale rilevanza, ai fini della ricorrenza, o meno, del reato di pornografia minorile, ex art. 600 ter c.p., sia nella sua condotta più grave (la produzione di materiale pedopornografico, realizzato utilizzando minori), sia nelle successive forme di diffusione o di cessione del predetto materiale, ai sensi dell’art. 600 ter, commi 3 e 4, c.p.

Il caso da cui è stata tratta la questione riguardava la condanna di un soggetto per il reato di cui agli art. 600 ter, comma 1, n. 1 e comma 3, per aver prodotto materiale pedopornografico utilizzando minori, in particolare realizzando immagini di una minore, con la quale intratteneva una relazione intima, durante il compimento degli atti sessuali; alla realizzazione era stata accompagnata anche la diffusione del predetto materiale immettendolo sul social network Facebook. La Corte d’Appello aveva ritenuto  irrilevante il consenso della minore alla realizzazione delle immagini, nonché alla loro parziale cessione. La difesa dell’imputato aveva contestato la mancanza del presupposto del reato di cui all’art. 600 ter c.p., in assenza di uno sfruttamento o utilizzazione dell’immagine della minore la quale, anzi, aveva richiesto di essere ripresa nel compimento degli atti sessuali posti in essere volontariamente. In via subordinata, il difensore  aveva chiesto la derubricazione del reato contestato nella meno grave fattispecie di cessione di materiale pedopornografico, ex art. 600 ter, comma 4, c.p., rilevando che la cessione delle immagini fosse stata esclusivamente bilaterale (nello specifico, da parte dell’imputato all’ex fidanzato della minore, tramite messaggio privato su Facebook).

La Corte, nel sollevare il contrasto di interpretazione, ha evidenziato il sostanziale  superamento del  precedente orientamento giurisprudenziale  da parte delle S.U. circa  la ricorrenza del concreto pericolo di diffusione del materiale realizzato utilizzando minori, poichè lo sviluppo tecnologico avrebbe ormai reso potenzialmente diffusiva la realizzazione di qualsivoglia file immagine o video. Ha anche evidenziato il pericolo che una tale interpretazione potesse provocare con riguardo alle ipotesi di “pornografia domestica”, condotte caratterizzate da coinvolgimento di minori che abbiano raggiunto l’età per esprimere il consenso agli atti sessuali, sempre che il materiale sia stato prodotto con il consenso degli stessi minori e risulti destinato ad esclusivo uso privato. In tale contesto, a parere della Corte, l’elemento differenziale è rappresentato dal concetto di “utilizzazione” del minore nella produzione di immagini pornografiche, che sta ad indicare una posizione di supremazia del soggetto produttore del materiale rispetto al minore, il quale diviene mero strumento per il soddisfacimento dei desideri sessuali altrui, ovvero mezzo per conseguire altre utilità. Conclusivamente, soltanto il materiale realizzato “utilizzando minori”, come si evince dal tenore letterale dell’art. 600 ter c.p., e secondo la lettura dianzi richiamata, circoscriverebbe l’area penalmente punibile dell’art. 600 ter c.p.

L’assunto delle Sezioni Unite, che ha concluso per la liceità della cd. pornografia domestica era stato sostanzialmente messo in discussione affermando, diversamente, come: “(…) l’offensività dei reati in materia di pedopornografia (…) debba comprendere (…) la criminalizzazione di tutte quelle condotte che, rappresentando la sessualità minorile in immagini pornografiche, esprimano la possibilità del coinvolgimento del minore in attività sessuali, in relazione alle quali o i minori non possono prestare un valido consenso, ovvero non può mai emergere l’evidenza di tale consenso dalla semplice visione delle immagini pedopornografiche (…) di talchè la scelta della comunità internazionale  di stabilire il limite dei 18 anni di età, quale confine della illiceità del materiale pornografico risulta, all’evidenza, più che condivisibile e del resto tale scelta è stata (obbligatoriamente) condivisa dal legislatore italiano nel recepire gli strumenti sovranazionali”.

Secondo la Corte rimettente le questioni da affrontare sarebbero sostanzialmente due:  da un lato, occorre domandarsi se la minore possa prestare un valido consenso alla riproduzione in immagini o video di atti sessuali per un uso “domestico”; dall’altro lato, qualora la risposta alla prima domanda risultasse positiva, sarebbe necessario verificare se il minore sia in grado di consentire ad una successiva diffusione dei predetti files ai terzi, anche per colmare quelle lacune sulla criminalizzazione della cessione di materiale pedopornografico di cui si è ampiamente detto.

Pertanto, il quesito sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite  è stato  riassunto nei seguenti termini: “Se il reato di cui all’art. 600 ter, comma 1, n. 1, c.p., risulti escluso nell’ipotesi in cui il materiale pedopornografico sia prodotto, ad esclusivo uso privato delle persone coinvolte, con il consenso di persona minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, in relazione ad atti sessuali compiuti nel contesto di una relazione affettiva con persona minorenne che abbia la capacità di prestare un valido consenso agli atti sessuali, ovvero con persona maggiorenne.

La soluzione del conflitto da parte delle Sezioni Unite non è ancora nota nella sua interezza ma di essa è stata data, in data 28 ottobre 2021, un’informazione provvisoria”.

La si cita in attesa della stesura della motivazione:  “

Nel rispetto della volontà individuale del minore con specifico riguardo alla sfera di autonomia sessuale, il valido consenso che lo stesso può esprimere agli atti sessuali con persona minorenne o maggiorenne, ai sensi dell’art. 609 quater cod. pen., si estende alle relative riprese, sicché è da escludere, in tali ipotesi, la configurazione del reato di produzione di materiale pornografico, sempre che le immagini o i video realizzati siano frutto di una libera scelta e siano destinati all’uso esclusivo dei partecipi all’atto. Al di fuori della ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all’art. 600 ter, primo comma, cod. pen., ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico. Viceversa, le autonome fattispecie di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 600 ter ricorrono allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta in esse previste sia posta in essere successivamente ed autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati».