Raramente Tutor Magistralis, da sempre orientato sul concorso in magistratura e sull’acquisizione della formazione necessaria per superare il concorso in magistratura,  si è occupato di procedura civile. Tuttavia,   la sempre  rapida diffusione del processo civile telematico (p.c.t.), soprattutto a seguito dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà del deposito telematico di alcuni atti (a decorrere dal 30 giugno 2014 per i tribunali e dal 30 giugno 2015 per le corti di appello) impone che se ne faccia cenno almeno con riguardo ai principi che in materia sono stati adottati dalla Corte di cassazione.

Iniziamo innanzitutto delle notifiche telematiche in proprio ai sensi della legge n. 531 del 1994. Le questioni sollevate in riferimento alla notifica telematica eseguita dai difensori, sono state oggetto di numerose pronunce della Corte e rappresentano uno dei principali temi di intervento della giurisprudenza di legittimità.

Un questione molto spinosa, ormai quasi giunta alla sua  naturale conclusione, ha riguardato, il diritto transitorio ed in particolare la  nullità delle notifiche eseguite anteriormente alla data del 15 maggio 2014,epoca di entrata in vigore della normativa regolamentare delegata per l’applicabilità dell’art. 3-bis della legge n. 53 del 1994 (salvo il raggiungimento dello scopo). Secondo Sez. 6 – 3, 9 luglio 2015, n. 14368, «La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24). Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione». Il principio ha trovato il suo pieno riscontro in quello contrario espresso da numerose sentenze successive, che hanno affermato la validità della notifica telematica perché eseguita successivamente alla data del 15 maggio 2014 (Sez. 6 – 5, 7 ottobre 2016, n. 20307, Sez. 6 – 2, 18 gennaio 2017, n.1060, Sez. 6 – 5, 18 dicembre 2017, n. 30372.

Contro questo indirizzo di maggioranza va registrato tuttavia la sentenza della S ez. 1, 8 settembre  2016, n. 17767 che ha sancito la  validità di una notifica a mezzo PEC eseguita dal difensore in data 30 novembre 2013 applicando l’ormai consolidato principio  del  raggiungimento dello scopo, nel caso di notifica eseguita in epoca anteriore (Sez. 1, 31 agosto 2017, n. 20625; in senso analogo, trattandosi di notifica eseguita prima del 15 maggio 2014, Sez. 3, 12 giugno 2018, n. 15200).

Anche nella verifica del rispetto dei requisiti previsti dalla legge n. 53 del 1994 per la ritualità della notifica telematica eseguita dal difensore, la Corte ha fatto ampio ricorso al principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, sottolineando la strumentalità delle forme processuali, per giungere a dichiarare la nullità o invalidità della notifica eseguita in difformità dallo schema legale nei soli casi nei quali risultava compromessa l’esplicazione del diritto di difesa.

Con riguardo a quest’ultimo profilo  Cass.Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665 ha sancito che:  «L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.». In motivazione, il fondamento del principio enunciato è così  chiarito: «Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con  estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte».

Tale approccio è stato rilevante per affrontare e risolvere altre questioni procedimentali tutte attinenti al mancato rispetto della normativa. E così,  nel caso di – mancata indicazione nell’oggetto del messaggio PEC della dizione “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” (Sez. 6 – 3, 4 ottobre 2016, n. 19814)  la Corte ha respinto l’eccezione di nullità della notifica del controricorso sul duplice rilievo che «l’art. 11 1. 53 del 1994  nel prevedere la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti, non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità», e che, comunque, poteva dirsi raggiunto lo scopo «dal momento che lo stesso ricorrente mostra di avere ricevuto la notifica del controricorso ed averne ben compreso il contenuto».

Il principio appena esposto ha trovato piena conferma  in  Sez. U, 28 settembre 2018, n. 23620 ( conforme, Sez. 2, 29 novembre 2018, n. 30927)  nel caso di  mancata sottoscrizione con firma digitale della copia informatica dell’atto originariamente formato su supporto analogico in presenza di copia  attestata  come conforme all’originale, secondo le disposizioni vigenti ratione temporis (nella specie, art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005). In motivazione, oltre all’argomentazione in ordine alla sicura identificabilità della parte e del difensore proprio in ragione del mezzo prescelto per la notifica (a mezzo PEC con indirizzo del mittente risultante da pubblico elenco), si trova l’espresso richiamo a Sez. U, n. 7665 del 2016: «In secondo luogo, l’eccezione è ritenuta  infondata perché la notificazione con modalità telematica ha raggiunto lo scopo di portare a conoscenza dell’istituto di credito destinatario il ricorso per cassazione

Nel caso in cui il notificante ha omesso  di indicare che il suo indirizzo di posta elettronica  risulta censito in pubblici elenchi la Corte ( Sez. 6 – 5, 9 marzo 2017, n. 6079) ha rigettato l’eccezione  di nullità richiamando Sez. U, n. 7665 del 2016, sul rilievo che «la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale». Pari considerazioni sono state espresse nell’ipotesi in cui vi sia stata (i)  la  mancata indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica del destinatario  e ancora (ii) la  mancata indicazione del “nome del file” in sede di attestazione della conformità della copia telematica

Il principio del raggiungimento dello scopo ha trovato applicazione anche nel caso di violazione di specifiche tecniche dettate in ragione della configurazione del sistema informatico (Sez. 6 – 5, 1° giugno 2018, n. 14042) «ove non vengano in rilievo la lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, bensì, al più, una mera irregolarità sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo»;

Per ultimo, nel caso in cui la parte notificante non sia  stato in grado di dare  la prova digitale  della notifica a mezzo PEC (Sez. L, 24 giugno 2020, n. 12488) la violazione delle forme digitali non integra l’inesistenza della notifica del medesimo bensì la sua nullità che pertanto può essere sanata dal raggiungimento dello scopo; pertanto la S.C. ha cassato la sentenza  che aveva ritenuto inesistente la notifica dell’atto introduttivo, provata in forma cartacea invece che in modalità telematica, con conseguente esclusione di ogni sanatoria, nonostante l’attore avesse ricevuto proprio dal convenuto la documentazione relativa alla notifica effettuata.

Nei casi in cui non abbia  potuto trovare applicazione il principio del raggiungimento dello scopo, la Corte ha dichiarato l’invalidità della notifica, ricorrendo, talora, anche alla categoria dell’inesistenza.

In particolare, secondo Sez. L, 7 ottobre 2015, n. 20072, «La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l’inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità». Nel caso esaminato, il ricorrente aveva omesso di produrre (nel previsto supporto analogico) sia la ricevuta di mancata consegna che quella di spedizione, «sicché il processo notificatorio non risulta compiuto neppure per il notificante».

È stato, poi, dichiarato inammissibile il controricorso in un caso in cui parte ricorrente aveva dato prova, non contestata dalla controparte, che il file contenente il controricorso, consegnato a mezzo PEC al suo indirizzo elettronico, era privo di testo o comunque illeggibile (Sez. 6 – 5, 6 aprile 2017, n. 9022).

D’altro canto, Sez. 6 – L, 11 maggio 2017, n. 11593, ha reputato inidonea a far decorrere il termine breve ex art. 325 c.p.c. la notifica della sentenza priva della relazione di notificazione, del codice fiscale dell’avvocato notificante, del nome, cognome, ragione sociale o codice fiscale della parte che ha conferito il mandato, dell’attestazione di conformità all’atto cartaceo da cui l’atto notificato è tratto, sul rilievo che «la relazione di notificazione deve ritenersi elemento imprescindibile affinché sia percepibile dal destinatario la funzione cui l’invio dell’atto assolve, contenendo i dati che consentono di individuarne la collocazione processuale e la conformità all’originale, nonché la legittimazione del mittente.».

Va, peraltro, evidenziato che Sez. U, 24 settembre 2018, n. 22438, ha chiarito che l’atto nativo digitale notificato a mezzo PEC deve essere ritualmente sottoscritto con firma digitale, potendo la mancata sottoscrizione determinare la nullità dell’atto stesso, fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo. In tal modo, è stata espressamente disattesa l’interpretazione resa sul punto da Sez. 3, 28 giugno 2018, n. 17020, osservandosi che il requisito della sottoscrizione digitale dell’atto processuale redatto in forma di documento informatico è previsto dall’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (C.A.D.) e dall’art. 12

Quanto ai vizi della notifica telematica, quest’ultimi sono stati ritenuti irrilevanti  nell’ipotesi in cui non abbiano pregiudicato  il diritto di difesa né  abbiano impedito  al destinatario la conoscenza legale dell’atto, i