Con sentenza Sez. L, n. 22401/2020 la Corte di cassazione  ha ricordato che il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (art. 36, comma 3, Cost.; art. 2109, comma 2, c.c.; art. 10 del d.lgs. n. 66 del 2003) sia in quello dell’Unione europea (art. 7 della direttiva n. 2003/88/CE). Infatti, Il diritto ad un periodo annuale di ferie è espressamente sancito nell’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’art. 6, n. 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (CGUE sentenze 8 novembre 2012, Heimann e Toltschin, C-229/11 e C-230/11, punto 22; 29 novembre 2017, King, C-214/16, punto 33; 4 ottobre 18, Dicu, C-12/17, punto 25). Ne consegue che il diritto alle ferie retribuite di almeno quattro settimane, secondo una costante giurisprudenza della CGUE, deve essere considerato un principio inderogabile del diritto sociale dell’Unione. Per ciò che riguarda “l’ottenimento di un pagamento” a titolo di ferie annuali, la CGUE, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Robinson-Steele e altri (punto 50), ha avuto occasione di precisare che l’espressione “ferie annuali retribuite”, di cui all’art. 7 n. 1 della direttiva n. 88 del 2003 intende significare che, per la durata delle ferie annuali, “deve essere mantenuta la retribuzione”: in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (CGUE 20 gennaio 2009, C-350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri, punto 58).

Particolarmente illuminante si rivela la sentenza della CGUE 15 settembre 2011, causa C-155/10, Williams e altri (punto 21), nella quale si afferma che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con la disciplina del diritto dell’Unione: “qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato” all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore…deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell’ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali” (sentenza ult. cit., punto 24).

Per quanto attiene alle ferie non fruite,  la Corte di Cassazione con la recente l’ordinanza n.13613/2020 ha chiarito che: “Il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare. Non è compatibile una normativa nazionale che preveda una perdita automatica del diritto alle ferie annuali retribuite, non subordinata alla previa verifica che il lavoratore abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare tale diritto, infatti il lavoratore deve essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti”.

Il diritto alle ferie può essere sostituito dall’indennità soltanto in caso di cessazione del rapporto, poiché alle ferie non si può rinunciare e, in base all’articolo 10, secondo comma, del decreto legislativo 66/2003, il diritto alle ferie «non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro».

Pertanto, il mancato versamento di un indennizzo per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro si pone in primo luogo in contrasto con l’art. 7 della Direttiva europea 2003/88 secondo cui: “Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.” Il datore di lavoro che non riconosce le ferie al lavoratore, oltre a rispondere a titolo risarcitorio nei confronti del dipendente, incorre anche in una responsabilità di tipo amministrativo con conseguenti sanzioni da parte dell’Inps (al quale può rivolgersi lo stesso lavoratore). Pertanto, se il rapporto di lavoro è ancora in corso, il datore di lavoro ha l’obbligo di offrire, in forma scritta, la fruizione delle ferie al dipendente, e se adempie a tale obbligo non sarà tenuto a pagare alcuna indennità sostitutiva qualora il lavoratore non abbia volontariamente usufruito delle ferie.