Con sentenza n. 56377 del 14 dicembre 2018 la Corte di cassazione ha individuato i presupposti necessari per poter disporre, in via cautelare, il sequestro per equivalente dei beni che siano il prodotto o il profitto del reato di riciclaggio. Come è noto, la misura cautelare in argomento ha carattere reale e richiede per la sua applicazione, la sussistenza dei due requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora sulla base di una “probatio minor scaturente dalla valutazione di gravità degli indizi acquisiti”.

La sentenza della Corte di legittimità, nel definire i confini del fumus, ha quindi ritenuto che, ai fini della applicazione della misura patrimoniale in oggetto, non è richiesta “l’individuazione della tipologia del delitto presupposto, né la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute».

Il caso sotteso alla decisione riguardava il ricorso di un manager di una SRL che aveva subito il sequestro per equivalente di alcuni beni immobili in un procedimento per riciclaggio realizzato attraverso il trasferimento di quote societarie.  In particolare, il ricorrente contestava, da un lato, la sussistenza del reato presupposto affermando che lo stesso si era estinto per intervenuta prescrizione e, dall’altra, la non tipicità della condotta che gli era stata attribuita attraverso il preteso accertamento di plurimi trasferimenti di quote societarie.

La Corte di legittimità, nel respingere entrambi i motivi di doglianza, ha precisato che:

  • Quanto al primo punto, l’estinzione del reato presupposto non poteva comunicarsi al reato contestato perché la causa estintiva del primo non si comunicava al secondo;
  • Quanto al secondo aspetto, la condotta “a forma libera” del reato di riciclaggio ben poteva autorizzare la prospettazione da parte della Pubblica Accusa di una fattispecie a formazione progressiva, in via di più precisa definizione nel corso delle indagini preliminari.

La  Corte ha, infatti, tenuto a precisare  che la tesi sostenuta dal Tribunale di riesame circa il livello di fumus delicti presente nella fattispecie penale posta al suo vaglio doveva essere confermata, data l’irrilevanza della differente qualificazione giuridica espressa dal GIP e dallo stesso Tribunale del riesame in ragione della “naturale liquidità delle situazioni tipiche delle fasi ancora iniziali delle investigazioni”.