Con sentenza n. 183, depositata il 7 luglio 2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 13, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Convenzione EDU nella parte in cui dispone il divieto della sospensione dell’esecuzione per i maltrattamenti aggravati commessi alla presenza di minori  prima dell’entrata in vigore della legge n. 69 del  2019. Il giudice rimettente prospettava la violazione degli artt. 3, 13, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Conv. EDU, in quanto l’applicazione del divieto di sospensione lederebbe la garanzia costituzionale e convenzionale di irretroattività delle norme penali ad effetti sostanziali, quelle incidenti cioè sulla portata effettiva della pena.

La Corte, richiamando  la precedente sentenza n. 193 del 2020, su questioni analoghe,  aventi ad oggetto la previsione di cui all’art. 3-bis, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione), convertito, con modificazioni, nella legge 17 aprile 2015, n. 43, nella parte in cui, stabilendo l’esclusione della sospensione dell’ordine di esecuzione per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, «non prevede una norma transitoria al fine di evitare l’applicazione retroattiva del divieto» ha ritenuto che in questo caso ricorressero  i  medesimi parametri interpretativi  dal momento che l’art. 9, comma 2, lettera b), della legge n. 69 del 2019 ha inserito nell’art. 572 cod. pen. un nuovo secondo comma che configura una aggravante ad effetto speciale del tutto diversa dall’originaria aggravante prevista dall’art. 572 c.p..

Ha quindi ritenuto che non sussiste continuità normativa tra l’originaria forma aggravata ex art. 572, secondo comma, cod. pen. e quella inserita nell’art. 61, primo comma, numero 11-quinquies cod. pen., salvo che per le condotte tenute in danno dei minori di anni quattordici.  Ne deriva che tali ipotesi non possono  ritenersi richiamate  dall’art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen.  in quanto si tratta di ipotesi nuove, ispirate da maggior rigore punitivo, quindi soggette ai principi di tassatività e irretroattività.

Di qui la conclusione nel senso che il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva nei confronti del condannato per il delitto di maltrattamenti aggravato dalla presenza di minori non si applica alla condanna per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2019.