Dalla conclusione di un contratto di vendita discende, quale effetto naturale, la garanzia per evizione (arg. exart. 1476, n. 3 cod. civ.).

Le norme sulla garanzia per evizione (artt. 1483-1488 cod. civ.), sono dispositive, e quindi tendenzialmente derogabili dalle parti.

L’esclusione pattizia della garanzia per evizione è tuttavia consentita entro certi limiti (cfr. artt. 1487, 2° comma e 1488 cod. civ.), in quanto – salva l’ipotesi della vendita c.d. a rischio e pericolo del compratore – si traduce soltanto in un esonero del venditore dalla responsabilità per danni.

In caso di esclusione convenzionale della garanzia per evizione (che comunque deve essere esplicita e inequivoca), infatti, il venditore è comunque tenuto a restituire il prezzo pagato ed a rimborsare le spese sostenute dal compratore. È peraltro nullo il patto che escluda la garanzia per l’evizione derivante da un fatto proprio del venditore, a prescindere da ogni indagine circa l’elemento soggettivo che caratterizzi il comportamento di quest’ultimo (in ciò ravvisandosi una deroga, o una integrazione, dell’art. 1229 cod. civ.: A. De Martini, voce Evizione (dir. civ.), in Nss.D.I., VI, Torino, 1964, 1069; A. Chianale, voce Evizione, in Dig. disc. priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992, 165).

La disciplina della garanzia per evizione si applica tendenzialmente ad ogni tipo di bene o diritto suscettibile di alienazione, e così anche alla cessione di credito a titolo oneroso (v. art. 1266, 1° comma, cod. civ., il cui tenore letterale sembra non a caso riecheggiare quello dell’art. 1487, 2° comma, cod. civ.).

L’art. 1197 cod. civ. richiama espressamente la garanzia per evizione nell’ipotesi di datio in solutumtraslativa.

L’art. 1862 cod. civ. consente agevolmente all’interprete di estendere la garanzia per evizione alla alienazione di un immobile che avvenga nel contesto di una rendita perpetua.

La disciplina della garanzia per evizione si applica anche – con gli opportuni adattamenti – alla permuta ed ai conferimenti di beni in società (arg. ex art. 2254, 1° comma, cod. civ.).

Alla garanzia per evizione è, infine, tenuto il donante in tre ipotesi (v. art. 797 cod. civ.): a) qualora il donante l’abbia espressamente promessa; b) qualora l’evizione dipenda dal dolo o dal fatto personale di lui; c) qualora si tratti di donazione modale o remuneratoria, fino alla concorrenza dell’ammontare del valore dell’onere o delle prestazioni ricevute dal donante. Non assolve, invece, propriamente la funzione di garanzia per evizione quella cui sono tenuti reciprocamente i coeredi condividenti (cfr. art. 758 cod. civ.), avendo la stessa piuttosto la finalità di ripartire pro quota il rischio dell’evizione che grava su ciascuno di essi (arg. ex art. 759, 1° comma, cod. civ.).

La garanzia per evizione ha la precipua funzione di tutelare l’acquirente in caso di perdita definitiva del diritto acquistato in forza di un contratto traslativo. Ai fini della insorgenza di tale tipologia di garanzia, non è sufficiente (né peraltro necessario) lo spossessamento del bene acquistato; né è sufficiente una astratta alienità, ovvero una limitazione o menomazione, del diritto acquistato in forza del contratto.

È, invece, necessario l’accertamento definitivo del concreto mancato acquisto, o del concreto venir meno (per effetto di un vincolo), del diritto da parte dell’acquirente, per cause anteriori alla conclusione del contratto.

È proprio questo «di più» (così, A. De Martini, voce Evizione (dir. civ.), cit., 1053) a qualificare la fattispecie «evizione» rispetto ad altre fattispecie, quali la vendita di cosa altrui (artt. 1479-1480 cod. civ.), l’acquisto di un bene gravato da vincoli di espropriabilità (art. 1482 cod. civ.), ovvero da oneri, pesi o diritti altrui (art. 1489 cod. civ.), o il mero pericolo di rivendica (art. 1481 cod. civ.), che pur rappresentano i presupposti o i fatti da cui può eventualmente trarre origine il “pregiudizio” dell’acquirente, in relazione al quale viene legalmente predisposta – appunto – la garanzia per evizione.

In quest’ottica, ben si spiega, dunque, come le regole dettate in tema di evizione (artt. 1483 e 1484 cod. civ.) richiamino quelle specificamente dettate in materia di vendita di cosa altrui (artt. 1479 e 1480 cod. civ.).

Gli effetti della garanzia per evizione conseguono al mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato, cioè indipendentemente dalla imputabilità al venditore della causa di evizione, e dunque anche quando l’acquirente sia a conoscenza, al momento della conclusione del contratto, della possibile causa di evizione (ove la stessa effettivamente si verifichi) (arg. exart. 1482, 3° comma, cod. civ.). I fatti evizionali possono essere raggruppati in tre tipologie di ipotesi: (1) evizione rivendicatoria (giudiziale); (2) evizione espropriativa (giudiziale o amministrativa); (3) evizione risolutoria (giudiziale o stragiudiziale).

Prima che l’evizione si verifichi, la legge accorda al compratore un rimedio preventivo, consistente nella facoltà di sospendere il pagamento del prezzo, quando egli dimostri che al momento della conclusione del contratto sussista un pericolo serio e concreto di un’azione rivendicatoria, espropriativa o “risolutoria” (non prima facie infondata) da parte di un terzo (cfr. art. 1481 cod. civ.). A tal fine, non sarebbe, ad esempio, sufficiente per il compratore allegare la mera provenienza donativa del bene immobile acquistato.

Tale rimedio non può tuttavia essere concesso quando il pericolo di evizione fosse noto al compratore al momento della conclusione del contratto (art. 1481, 2° comma, cod. civ.).

Quali sono i rimedi previsti a favore del compratore contro l’evizione?

Al compratore spettano la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo ed il rimborso delle spese fatte per il contratto o per il bene acquistato (cui si aggiunge il rimborso delle spese giudiziali e del valore dei frutti corrisposti al terzo evincente), nonché il risarcimento del danno, qualora sussista una colpa del venditore.

Tutti i rimedi sono assoggettati al termine di prescrizione di 10 anni, decorrente dal verificarsi del fatto evizionale.

In caso di evizione parziale, al compratore spetta, in alternativa al rimedio della risoluzione del contratto, quello della riduzione del prezzo (v. art. 1480 cod. civ., richiamato dall’art. 1484 cod. civ.).

L’art. 1482 cod. civ. prevede una ipotesi speciale di garanzia, dovuta dal venditore qualora il bene venduto risulti gravato da garanzie reali (pegno, ipoteca, privilegi speciali) o da vincoli derivanti da pignoramento o sequestro. I presupposti per l’applicabilità di tale disposizione sono: (a) la esistenza di tali garanzie o vincoli al momento della conclusione del contratto; (b) la omessa dichiarazione dell’esistenza di tali garanzie o vincoli da parte del venditore.

I rimedi a favore del compratore consistono, in caso di sua ignoranza di tali garanzie o vincoli, nella facoltà di sospensione del pagamento del prezzo e nel potere di far fissare al giudice un termine, alla scadenza del quale, se la cosa non è libera, il contratto è risolto, con gli effetti di cui all’art. 1479 cod. civ., mentre, in caso di conoscenza delle garanzie o dei vincoli da parte del compratore, quest’ultimo potrà soltanto invocare una responsabilità del venditore per evizione.

L’art. 1489 cod. civ. si occupa, invece, dei c.d. vizi giuridici (o delle c.d. inesattezze giuridiche), e cioè di una fattispecie che ha qualcosa in comune sia con la garanzia per evizione (sul bene insiste un diritto appartenente ad un terzo) sia con la garanzia per vizi (la diminuzione di utilità è simile a quella provocata da un vizio o da una mancanza di qualità). A differenza dell’ipotesi contemplata dall’art. 1482 cod. civ., qui gli oneri o i diritti reali (di godimento) o personali di terzi non sono idonei ad incidere sulla titolarità del bene o del diritto acquistato (sul punto, cfr. per tutti G. Oberto, La garanzia per oneri o diritti di godimento di terzi nella vendita, in Giur. it., 1996, IV, 129), che rimane infatti integra, ma soltanto sul libero godimento del bene compravenduto. Ad esempio, non è «onere» il pagamento di somme richieste dalla P.A. per la regolarizzazione urbanistico-edilizia dell’immobile venduto (sempreché della pratica di condono si faccia menzione nell’atto di compravendita).

I presupposti per l’applicabilità di tale disposizione sono: (a) la esistenza, al momento della conclusione del contratto, di oneri (di natura privatistica o pubblicistica) o diritti reali o personali di godimento di terzi, opponibili al compratore; (b) la non apparenza di tali oneri o diritti; (c) la omessa o falsa dichiarazione al riguardo da parte del venditore; (d) la ignoranza di tali oneri o diritti da parte del compratore (in tema di vincoli di inedificabilità o paesaggistici, ad esempio, la giurisprudenza pone una presunzione assoluta di conoscenza in capo al compratore soltanto quando il vincolo derivi dalla legge o dal piano regolatore generale).

I rimedi consistono in quelli previsti per la vendita di cosa parzialmente altrui (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo), oltre alla restituzione del prezzo ed ai rimborsi previsti dall’art. 1479 cod. civ. e al risarcimento del danno, qualora sussista una colpa del venditore. Tali rimedi sono assoggettati al termine di prescrizione di 10 anni, decorrente dalla conclusione del contratto o dal verificarsi della fattispecie evizionale c.d. limitativa.

Gli artt. 1482 e 1489 cod. civ. assumono particolare rilevanza nella vendita di partecipazioni sociali.