La transizione digitale in ambito penalistico costituisce uno degli obiettivi principali della riforma della Giustizia penale così come espressamente previsto dall’ comma 5 dell’art. 1 della legge n. 134 del 2021 (cd. riforma Cartabia) che, con esso, ha inteso disciplinare in un unico ambiente digitale il procedimento penale onde pervenire ad una modifica organica afferente il Libro II del codice di procedura penale, dedicato, come è noto, agli atti del procedimento penale.
Il decreto attuativo approvato dal Consiglio dei Ministri in data 4 agosto 2022, oggi all’esame delle commissioni parlamentari che dovranno esprimere un parere non vincolante nei successivi 60 giorni al fine di consentire l’avvio della riforma nel termine improrogabile del 19 ottobre 2022, incide profondamente sulla disciplina degli atti processuali imponendo a tutti i protagonisti del processo (parti private, difensori e giudici) uno sforzo collettivo di indubbia portata innovativa.
La digitalizzazione e velocizzazione del processo penale passa attraverso tre diverse aree di intervento, la prima delle quali riguarda una profonda e radicale modifica della disciplina degli atti processuali da adottare in formato digitale. A riguardo la relazione illustrativa del decreto definisce come architravi del processo telematico i seguenti principi: a) l’adozione della forma digitale di tutti gli atti processuali, con l’eccezione dei soli atti provenienti dalle parti privati; b) l’obbligatorietà del deposito telematico; c) la costituzione del fascicolo telematico nel quale devono confluire tutti i documenti informatici acquisiti unitamente a quelli analogici per quali è previsto l’obbligo della tempestiva conversione in formato digitale; d) l’impossibilità che il malfunzionamento del sistema informatico possa configurarsi come un’occasione per consentite proroghe o sospensioni dei termini processuali.

Le disposizioni generali sugli atti

In base al nuovo art. 110 c.p.p. “gli atti del procedimento sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza”. La regola generale è quindi quella dell’informatizzazione di tutti gli atti processuali e della conversione in digitale di quegli atti che in ragione della loro natura o per specifiche esigenze processuali non possono essere immediatamente redatti in forma di documento informatico.
Inoltre per qunto riguarda la data e la sottoscrizione (art. 111 c.p.p.), quando essa è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza, in base ad elementi contenuti nell’atto medesimo o in atti a questo connessi. Ancora, quando l’atto è redatto in forma di documento analogico e ne è richiesta la sottoscrizione, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell’atto del nome e cognome di chi deve firmare,
L’alternativa posta dalla legge tra documento informatico e documento analogico costituisce un dato normativo acquisito. Infatti, l’art. 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44 chiarisce cje: “L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti (Omissis). Il CAD (d.lgs. n. 82/2005) definisce documento informatico il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti mentre per documento analogico s’intende la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Inoltre, la copia informatica di documento analogico è il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto.
Le disposizioni sul deposito telematico e sul fascicolo informatico sono contenute nel nuovo art. 111 bis c.p.p. e 111 ter c.p.p.. La prima disposizione stabilisce che in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. La seconda dispone che i fascicoli informatici del procedimento penale sono formati, conservati, aggiornati e trasmessi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente il fascicolo informatico, in maniera da assicurarne l’autenticità, l’integrità, l’accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché l’agevole consultazione telematica. Per tutti gli atti processuali di contenuto analogico per i quali non sia stato possibile il deposito telematico e per quelli provenienti dalle parti personalmente è prevista la tempestiva conversione in documento informatico e l’acquizione al fascicolo telematico
La riforma dovrebbe, in uesto modo, garantire un accesso veloce e sicuro alle informazioni contenute nel fasciolo telematico e permettere una maggiore opportunità di difesa. In ogni caso il fascicolo processuale rimane, unico, quand’anche fosse costituito in parte da documenti informatici ed in parte da documenti analogici, essendo volte le nuove regole a disciplinare le fondamentali regole di formazione, conservazione, gestione e trasmissione del fascicolo creato in modalità digitale (vedi art .9 d.m. 44/2011).

Di particolare rilevanza è poi l’articolo 172 c.p.p., che detta le regole generali in materia di termini disponendo che qualsiasi termine si intende rispettato se l’accettazione dello stesso da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile. Inoltre, salvo sia diversamente stabilito, i termini decorrenti dal deposito telematico degli atti effettuato fuori dell’orario d’ufficio si computano dalla data della prima apertura immediatamente successiva dell’ufficio. E’ evidente il favore accordato con tali disposizioni alla difesa.
I casi di malfunzionamento del sistema sono infine regolati dall’ 175-bis c.p.p. in ossequio a quanto stabilito dal legisaltore delegante che ha tenuto a precisare l’esigenza dell’accertamento effettivo del malfunzionamento e l’accesso a soluzioni alternatuive che non intralcino, in nessun modo, il regolare svolgimento delle attività pocessuali.
Quanto alla prima esigenza il decreto impone che il malfunzionamento sia certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati; con le medesime modalità viene accertato, attestato e comunicato il ripristino del corretto funzionamento.
La seconda ipotesi riguarda il malfunzionamento “non certificato”, ovvero quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale e che comunque sia tale da impedire, per un tempo più o meno consistente, l’accesso alla modalità telematica: in tal caso il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio ed anche in questo caso è previsto che siano verificate e attestate la data di inizio e quella della fine del malfunzionamento.

Quanto alla necessità di “garantire soluzioni alternative ed effettive alle modalità telematiche che consentano il tempestivo svolgimento delle attività processuali” è stato previsto che durante tutto il periodo del malfunzionamento, gli atti e i documenti vengano redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, previo successivo obbligo di conversione degli atti processuali in modalità digitale.
Nell’ipotesi in cui la parte sia incorsa in decadenza durante il periodo del malfunzionamento e non abbia provveduto al deposito in via analogica, sarà necessario dimostrare il caso fortuito o forza maggiore.
le soluzioni adottate cnon consentono alcuna deroga al rispetto dei termini perentori e comportanto oneri aggiuntivi di diligenza da parte di tutti gli operatori della giustizia.

D’altro canto, la tempistica graduale dell’operatività a regime della riforma consentirà, ed allo stesso tempo imporrà, l’adozione di misure tecniche sempre più efficaci che limitino le ipotesi di malfunzionamento e che offrano al contempo soluzioni tempestive nonché l’adozione di misure organizzative negli uffici giudiziari idonee a fronteggiare situazioni di difficoltà legate a problemi di natura tecnica.

Alcune disposizioni specifiche sugli atti (cd. atti consequenziali)

La scelta di inserire disposizioni generali su redazione e sottoscrizione degli atti processuali in forma di documento informatico e deposito telematico ha consentito al legislatore delegato di evitare di inserire modifiche specìfiche inerenti i singoli atti processuali anche se, in alcuni casi, ciò si è reso necessario in ragione della specificità del documento.
In questo senso la modifica del comma 3-bis dell’art. 116 c.p.p., che prevede il diritto del difensore al rilascio di attestazione di deposito di atti o documenti all’autorità giudiziaria, ha limitato tale diritto al solo caso di deposito di documenti redatti in forma di documento analogico, non essendo ovviamente necessaria alcuna attestazione in caso di deposito telematico effettuato ai sensi dell’art. 111-ter c.p.p. Ancora all’articolo 122 c.p.p. (Procura speciale per determinati atti) si è inserito il comma 2-bis al fine di rendere coerenti le modalità di deposito della procura speciale con il nuovo sistema dei depositi telematici, richiamando anche per lo specifico caso, il rispetto della normativa tecnica, sia primaria che secondari. Si è così previsto che la procura speciale è depositata, in copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, con le modalità previste dall’art. 111bis c.p.p., salvo l’obbligo di conservare l’originale analogico da esibire a richiesta dell’autorità giudiziaria.
Circa le modalità di redazione del verbale (art. 134 c.p.p.) è statta prevista la modalità digitale quale criterio generale, anche se è stato aggiunto che la audio o la video registrazione sono dovute quando il verbale sia redatto in forma riassuntiva, o quando la redazione in forma integrale sia ritenuta insufficiente. La previsione della modalità digitale ha imposto l’interpolazione al comma 5 dell’articolo 125 c.p.p. che disciplina il caso specifico dei provvedimenti collegiali con voto dissenziente di un componente del collegio trattandosi di un atto che sfugge al binomio documento informatico/documento analogico non diovendo, come è noto, confluire nel fasciolo telematico.
Uno specifico intervento ha riguardato poi l’articolo 483 c.p.p. che disciplina la sottoscrizione e trascrizione del verbale, con l’inserimento del comma 1-bis che riguarda l’apposizione del visto digitale del Presidente sul verbale sottoscritto a norma dell’articolo 111 dal pubblico ufficiale che lo ha redatto. Ulteriori interventi specifici hanno riguardato l’art. 386 c.p.p. (Doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo), l’articolo 447 c.p.p. (Richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari) e l’art. 391-octies c.p.p. inerente la dovcumentazione delle attività difensive,
Il riferimento ad “atti, documenti, richieste, memorie” contenuto nell’articolo 111-bis c.p.p. è sufficientemente ampio da rendere consequenziale l’applicazione delle nuove modalità di deposito a tutte le disposizioni del codice processuale che, pur non esprimendosi in termini di “deposito”, disciplinano le diverse ipotesi di presentazione o trasmissione di richieste, istanze, memorie di parte.
Il concetto di domicilio digitale. Il raccordo con i criteri di cui all’articolo 1 comma 6 della legge delega in materia di notificazioni telematiche

Il criterio della legge delega ha trovato attuazione nel contesto della più ampia riformulazione della disciplina delle notificazioni, agli articoli 148 e segg. c.p.p., improntate sulla regola generale della notificazione per via telematica, salvo i casi in cui “per espressa previsione di legge, per l’assenza o l’inidoneità di un domicilio digitale del destinatario o per la sussistenza di impedimenti tecnici, non è possibile procedere con le modalità indicate al comma 1, e non è stata effettuata la notificazione con le forme previste nei commi 2 e 3”. La nuova disposizione generale dell’articolo 148 c.p.p. costruisce le coordinate fondamentali che orientano tutta la disciplina delle notificazioni (così testualemente: In ogni stato e grado del processo, salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni degli atti sono eseguite, a cura della segreteria o della cancelleria, con modalità telematiche che, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, assicurano la identità del mittente e del destinatario, l’integrità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione.
E’ stato così introdotto il concetto di domicilio digitale cui vano notificati, di norma, tutti gli atti processuali, salvo i casi in cui per espressa previsione di legge, per l’assenza o l’inidoneità di un domicilio digitale del destinatario o per la sussistenza di impedimenti tecnici. In questi casi si riroena al sistema delle notificazioni ordinarie. La disponibilità dle domicilio legale costituisce perciò un presupposto indefettibile delle notificazioni penali. Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del CAD. Le notifiche nel processo debbono essere realizzate al domicilio digitale del destinatario reperito presso i pubblici elenchi espressamente ammessi dalla legge ( per professionisti e imprese, INI-PEC (art. 6-bis del CAD, richiamato dal sopra citato art. 16-ter del d.l. n. 179 del 2012);per le imprese, il Registro delle imprese (che confluisce comunque nell’INI-PEC); per gli utenti abilitati esterni al processo telematico, il REGINDE (gestito da Giustizia); per le PA, il Registro delle PA (art. 16 co. 12 d.l. 179/2012), nonché l’Indice delle PA, previsto dall’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per i comuni cittadini, l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (art. 6-quater).