Con sentenza del 7 novembre 2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274,  così come modificato dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall’art. 582, secondo comma, del codice penale, per fatti commessi contro l’ascendente o il discendente di cui al numero 1) del primo comma dell’art. 577 cod. pen. Ha quindi  dichiarato l’ illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274 del 2000, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall’art. 582, secondo comma, cod. pen., per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati al numero 1) del primo comma dell’art. 577 cod. pen.,  cosi come modificato dall’art. 2 della legge 11 gennaio 2018, n. 4.

La questione rimessa alla Corte dal Giudice  delle indagini preliminari  del Tribunale di Teramo, con ordinanza del 7 marzo 2017,  ha riguardato la violazione  degli  artt. 3 e 24 della Costituzione, con riguardo alla norma di cui all’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274  e modificazioni succc., circa la competenza da parte del giudice di pace  per il delitto previsto dall’art. 582 del codice penale – limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte ‒ anche per i fatti aggravati ai sensi dell’art. 577, primo comma, numero 1), cod. pen., commessi contro il discendente non adottivo, quale il figlio naturale. In particolare, il giudice a quo  ha rilevato che la disposizione censurata  è apparsa  irragionevole tenuto conto che per il medesimo reato la competenza del giudice di pace  è stata dalla legge esclusa in caso di commissione dello stesso tipo di reato in danno del figlio adottivo. Oltre alla violazione del principio di uguaglianza  per essersi attuata la  disparità di trattamento fra il figlio adottivo e il figlio naturale, è stata dedotta dal remittente anche la violazione dell’art. 24 Cost., sotto lo specifico profilo da parte dell’indagato di poter accedere  al procedimento di archiviazione ai sensi degli artt. 411, comma 1-bis, del codice di procedura penale e 131-bis cod. pen. per difetto di punibilità in ragione della particolare tenuità del fatto.

La Corte Costituzionale, dopo aver rilevato che le modificazioni  dell’art. 577  c,.p. intervenute, per effetto dell’art. 2 della legge 11 gennaio 2018, n. 4,  successivamente all’ordinanza di rimessione dovevano considerarsi irrilevanti rispetto alla questione rimessa dinanzi alla Corte  trattandosi di questioni che avevano modificato l’elenco delle  persone offese  ma non avevano inciso sulla regola oggetto di censura con specifico riferimento alla lesioni lievissime in danno rispettivamente del figlio naturale e del figlio adottivo, ha ritenuto innanzitutto infondata l’eccepita inammissibilità della questione da parte dell’Avvocatura generale dello Stato nella parte in cui il giudice a quo  ha fatto riferimento al rapporto tra la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., di cui conosce il tribunale ordinario, e quella di improcedibilità, anch’essa per la particolare tenuità del fatto, ex art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, di cui conosce il giudice di pace. Ha infatti ritenuto che, sebbene  la Corte avesse di recente  affrontato  e risolto  la questione in oggetto, la stessa costituiva “ in realtà un mero “obiter dictum”  pressocchè estranea all’oggetto del giudizio di costituzionalità la cui rilevanza non poteva, invece,  essere messa in dubbio.

Nel merito ha ritenuto la questione  fondata  per questi specifici motivi:

  1. la piena assimilazione tra lo status di figlio naturale e figlio adottivo,  operata dalla legislazione civilistica non giustifica  né legittima  il diverso trattamento sanzionatorio che è apparso francamente discriminatorio, oltre che manifestamente irragionevole. Infatti, la Corte ha registrato l’assenza   di una plausibile giustificazione per la   mancata inclusione anche del reato di lesioni volontarie commesso in danno del figlio naturale  in quelli  – di uguale e specifica natura –  trasferiti alla competenza del tribunale ordinario “per innalzare il livello di contrasto a tali episodi di violenza domestica, con conseguente manifesta irragionevolezza della disciplina differenziata”.
  2. La necessità di una parificazione di disciplina fra le due posizioni soggettive non può che realizzarsi estendendo la stessa regola di competenza alla fattispecie delle lesioni lievissime commesse dal genitore in danno del figlio naturale, così rendendo inoperante la deroga alla competenza del tribunale ordinario. Tale conclusione non è stata ritenuta lesiva della riserva di legge.  Infatti, in un caso siffatto, l’effetto in malam partem per l’indagato  può trovare adeguata giustificazione perché  non discende dall’introduzione di nuove norme o dalla manipolazione di norme esistenti da parte della Corte,  ma dalla semplice rimozione di una disposizione giudicata lesiva dei parametri costituzionali, con la conseguente “automatica riespansione della norma generale o comune, dettata dallo stesso legislatore, al caso già oggetto di una incostituzionale disciplina derogatoria”.