Con sentenza del 24.1.2019 la corte Europea dei diritti dell’uomo si è occupata della questione inerente l’inquinamento dello stabilimento Ilva ed ha condannato lo Stato italiano a rifondere a ciascun dei 161 ricorrenti su 180 l’importo di euro 5.000 ciascuno oltre a i interessi moratori  a titolo di danno non patrimoniale in conseguenza della violazione degli artt. 8 e  13 della Convenzione.

La Corte, dopo aver premesso  la storia dello stabilimento di Taranto che ha iniziato la produzione nociva nel luogo di residenza dei ricorrenti  sin nel lontano 1965, ha esaminato la tesi  in  ricorso e verificato che per effetto delle emissioni della fabbrica si sono determinate gravi conseguenze   alla salute dei danneggiati   in quanto residenti nelle zone ad alto rischio, lesioni accertate scientificamente sulla base di una maggiore incidenza percentuale di patologie specifiche rispetto alla media della Regione. Ha quindi concluso per la ricorrenza  di un danno derivato alla vita privata e familiare di ciascun ricorrente oltre alla  mancanza di rimedi effettivi  collegati all’omessa bonifica dell’area. La Corte – si legge nella sentenza – non può che constatare il protrarsi di una situazione d’inquinamento ambientale che mette in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella dell’insieme della popolazione residente nelle zone a rischio”, mentre “le autorità nazionali hanno omesso di prendere tutte le misure necessarie per assicurare la protezione effettiva del diritto degli interessati al rispetto della loro vita personale”

La CEDU, diversamente da quanto richiesto dai ricorrenti non ha ritenuto di adottare la procedura della “blocco pilota” consistente nell’individuazione in  sentenza delle misure pratiche da adottare e ha, invece, delegato il  Comitato dei Ministri – organo esecutivo della Cedu –  per  tale incombenza  sottolineandone l’urgenza e specificando che il piano di sviluppo approvato dalle Autorità Nazionali deve essere immediatamente messo in esecuzione. La mancata individuazione di un termine preciso entro il quale provvedere all’esecuzione dei rimedi specifici indicati dal Comitato dei  Ministri rende piuttosto difficoltoso l’immediato adempimento della sentenza della CEDU dal momento che i provvedimenti della Corte non hanno efficacia immediata nel territorio degli stati membri e che pertanto l’unico e diretto destinatario dell’ordine ivi contenuto è lo Stato Italiano il quale ha posticipato, fino all’anno 2025 l’ultimazione della bonifica autorizzando la protrazione della produzione fino a quella data.