La Corte Europea della Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte Suprema civile della Scozia (R.U.) sull’interpretazione da dare all’art. 50 TUE  che, come è noto, prevede, al primo comma il diritto di ogni Stato membro di decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione, obbligandolo in tal caso a notificare tale  intenzione  al Consiglio europeo e quindi di negoziare e concludere con l’Unione un accordo volto a definire le modalità del recesso. La norma prevede anche la sospensione dell’efficacia dei Trattati  successivamente all’accordo o, in mancanza, nei due anni successivi  alla  notifica dell’intenzione di recedere sempreché tale termine non sia stato prorogato all’unanimità dall’Unione Europea. Infine lo  Stato  che ha receduto dall’Unione può chiedere di aderirvi nuovamente rispettando la procedura dell’articolo 49 TUE.

La questione sottoposta all’attenzione della Corte Europea riguardava l’interpretazione delle modalità di recesso, se, in particolare la norma citata  potesse consentire  tre diverse opzioni di recesso, quello senza accordo,  quello con accordo o in alternativa la revoca della notifica dell’intenzione di recedere da parte dello Stato Membro.  La controversia della quale era stata investita la Corte  scozzese  riguardava infatti la possibilità se, prima della scadenza del termine di due anni dalla notifica di cui all’art. 50 TUE, l’intenzione di recedere potesse essere unilateralmente revocata. La Corte di Giustizia Europea  nella seduta plenaria del 10 dicembre 2018 ha ritenuto che la revoca unilaterale dell’intenzione di recedere dall’Unione Europea  è un diritto di ogni Stato Membro e può essere esercitato finchè non è stato adottato l’accordo di recesso e, comunque, entro  la scadenza del termine di due anni previsto dall’art. 50 TUE, eventualmente prorogato dall‘UE all’unaniminità.

La decisione,  di indubbia  rilevanza per la  questione relativa  all’uscita del Regno Unito dall’UE, appare importante perché  fa derivare l’esistenza del  diritto alla revoca unilaterale del recesso da un’interpretazione sistematica della norma,  dal momento che l’art. 50 TUE non contempla tale evenienza, né autorizzandola e neppure vietandola.  Il diritto di  recesso è stato infatti giudicato  come  espressione di un diritto sovrano di ogni Stato  Membro, come tale unilateralmente revocabile.

Questo il principio di diritto espresso dalla Corte in sede di dispositivo:

“L’articolo 50 TUE deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui uno Stato membro abbia notificato al Consiglio europeo, ai sensi di detta disposizione, la propria intenzione di recedere dall’Unione europea, la menzionata disposizione consente a tale Stato membro, fintanto che non sia entrato in vigore un accordo di recesso concluso tra detto Stato membro e l’Unione europea o, in mancanza di siffatto accordo, fino a quando non sia scaduto il termine di due anni previsto al paragrafo 3 del medesimo articolo, eventualmente prorogato in conformità di tale paragrafo, di revocare unilateralmente la notifica, in maniera univoca e incondizionata, mediante comunicazione scritta al Consiglio europeo, dopo che lo Stato membro interessato abbia assunto la decisione di revoca conformemente alle sue norme costituzionali. La revoca in parola è finalizzata a confermare l’appartenenza dello Stato membro di cui trattasi all’Unione europea in termini immutati per quanto riguarda il suo status di Stato membro e pone fine alla procedura di recesso”.