L’annosa questione relativa alle nullità delle fideiussioni omnibus stipulate su moduli ABI in violazione della normativa Antitrust non ammette soste  di sorta ed è proprio di questi giorni la notizia relativa all’ennesima rimessione della questione alle Sezioni unite della Corte di Cassazione.

Come è noto, secondo la normativa antistrust sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. Sono pertanto vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel:

  1. fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali;
  2.  impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico;
  3.  ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
  4.  applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
  5.  subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi.

Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto e l’accertamento di tali violazione spetta all’AGCOM. Nel settore creditizio la competenza volta a d accertare l’esistenza di intese restrittive della libera concorrenza  è stata svolta dal 1990 fino al gennaio 2006 dalla Banca d’Italia in virtù della legge 287/1990.

La questione oggi sottoposta al vaglio della Cassazione a  sezioni unite prende le mosse dal provvedimento della Banca d’Italia  n. 55 del 5 maggio 2005 che, nel definire il modulo ABI fideiussorio  come attinente agli IMPIEGHI BANCARI ed idoneo ad incidere su di un mercato rilevante, lo  ha sottoposto ad esame  e l’ha ritenuto frutto di intese violative della concorrenza, idoneo pertanto ad inficiare anche la validità di tutti contratti fideiussori che siano stipulati fra le Banche ed i clienti attraverso il suo pedissequo recepimento.

La Banca d’Italia ha infatti  ritenuto che  i moduli ABI predisposti  per la stipula di contratti fideiussori omnibus erano da considerarsi  violativi della libera concorrenza  con riguardo esclusivamente ad alcune  clausole 2 (riviviscenza della garanzia anche dopo l’adempimento del debitore principale per effetto di revoca o annullamento del pagamento), 6 (esonero dalla diligenza nel coltivare le azioni inerenti il beneficium excussionis nei termini indicati dall’art. 1957 c.c.), 8 (insensibilità della garanzia rispetto ai vizi inerenti il rapporto principale).

In particolare la Banca d’Italia, acquisito parere dall’AGCOM, ha  ritenuto che la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ.      e  le c.d. clausole di “sopravvivenza” della fideiussione non sono giustificabili in rapporto alle caratteristiche funzionali del contratto fideiussorio. Tali clausole, infatti, hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa. Esse sono da considerarsi nulle per contrasto a norma imperative, anche se va sottolineato come non tutto lo schema è stato considerato NULLO  ma sono state ritenute tali solo le clausole in argomento

Per effetto di questo accertamento, l’art. 33 della Legge antitrust consente di potere adire l’Autorità giudiziaria per chiedere l’accertamento della nullità e l’eventuale risarcimento del danno di intese costituite a valle per effetto dell’intesa considerata nulla.   Tali azioni possono essere promosse davanti al tribunale competente per territorio presso cui e’ istituita la sezione specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni. Si tratta infatti di domande con le quali è fatta valere la nullità di fideiussioni azionate da banche, che riproducano il testo dello schema contrattuale predisposto dall’A.B.I. nell’ottobre 2002, relativamente al quale è intervenuto il provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005

Già una prima sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha sottolineato che la legge antitrust n. 287 del 1990 detta norme aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata. E non è revocabile in dubbio che dinanzi a un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza il consumatore veda eluso il proprio diritto a una scelta effettiva tra prodotti potenzialmente concorrenti (di qualunque genere essi siano). La conseguenza di codesta affermazione è stata individuata in una duplice direzione: da un lato, il cosiddetto contratto “a valle” costituisce – si è detto sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti; dall’altro, ove sia dedotto il danno da violazione dei relativi interessi (riconosciuti rilevanti dall’ordinamento) ai sensi dell’art. 2043 c.c., il consumatore finale – ancora si è detto – ha azione ancorchè non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli autori della collusione; e tale azione (in quel caso di risarcimento del danno) implica l’accertamento della nullità dell’intesa ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 33, al punto che la relativa cognizione – venne allora precisato a fronte del testo pro tempore – è rimessa da quest’ultima norma alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d’appello (cfr. la citata Cass. Sez. U n. 2207-05).

In realtà i principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione non hanno risolto i tanti e complessi problemi che un contenzioso di questa natura comporta.
Un primo problema attiene all’efficacia probatoria del provvedimento della Banca d’Italia che viene considerato di   natura privilegiata
Infatti il garante che eccepisce la nullità delle fideiussioni specifiche non può giovarsi dell’accertamento privilegiato del provvedimento antitrust, che ha avuto ad oggetto l’intesa riscontrata in materia di fideiussione omnibus se non prova che lo schema utilizzato nella fideiussione specifica da egli sottoscritta corrisponda ad una pratica uniforme frutto anch’essa, come per le fideiussioni omnibus, di intese anticoncorrenziali. Ciò perché la nullità individuata dal provvedimento della Banca d’Italia è di natura parziale e non involve il contratto nel suo insieme a meno non si provi che i contraenti non l’avrebbero concluso senza quella parte del contenuto colpita da nullità (art. 1419). Probatio diabolica per il cliente.

Questa impostazione è però in parte contraddetta da alcuna giurisprudenza di merito  che sostiene  vada dichiarata la nullità dell’intero contratto di fideiussione e non solo delle singole clausole dello stesso contrastanti con l’art. 2 comma 2 legge 287/1990 laddove, in base ad una valutazione ex ante, risulti che le clausole derogatorie al regime codicistico siano volte a delineare un trattamento particolarmente gravoso per il garante, funzionale ad  ampliare il raggio dei soggetti individuati dall’istituto di credito per la concessione di finanziamenti bancari.

Quanto all’esame specifico delle nullità parziali, quella che rileva più di ogni altra è la nullità dichiarata in relazione alla clausola n. 6 perché se dichiarata nulla, comporta l’estinzione della garanzia :

Attesa la natura di prova privilegiata del provvedimento antitrust, l’onere probatorio gravante sul fideiussore è adempiuto quando abbia dimostrato “la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali con le clausole di “reviviscenza”, “sopravvenienza” e deroga all’art. 1957 c.c. proprie dello schema ABI (Cass. n. 13846/1019, in parte motiva). Ai sensi dell’art. 1957 c.c., da non intendersi più derogato per effetto della rilevata nullità, la garanzia non ha più effetto qualora la banca, a seguito della scadenza dell’obbligazione principale, non abbia nei successivi sei mesi adottato azioni giudiziarie o esecutive tese al recupero del credito nei confronti del debitore principale.

Molteplici sono ancora i problemi di carattere eminentemente processuale.  Innanzitutto l’efficacia temporale delle nullità si esplicherebbe anche per i contratti  stipulati anteriormente al provvedimento della Banca d’Italia; inoltre, molto problematica nella pratica di tutti i giorni è la questione del possibile giudicato che possa essersi formato su decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dalla Banca e non opposto al cliente.

Per ultimo, l’onere di provare  la nullità del contratto di fideiussione omnibus spetta al cliente.  Questi deve produrre o allegare il contenuto del provvedimento di Banca di Italia del 2005 che ha accertato l’esistenza di una intesa restrittiva della libertà di concorrenza di cui alla L. n. 287 del 1990, ex art. 2., e dimostrare che il contenuto delle clausole della fideiussione oggetto del giudizio siano del medesimo tenore rispetto agli artt. 2, 6 e 8, dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) le quali, peraltro, solo se applicate in modo uniforme, risulterebbero in contrasto con detta disciplina. Deve anche dimostrare che dalla stipula del contratto (ed in particolare dalla sottoscrizione delle sanzioni censurate sia derivato un pregiudizio e che la loro sottoscrizione è stata determinante per la stipula del contratto fideiussorio

Costituisce  onere della banca che a tale eccezione volesse resistere, «dimostrare che il contratto di fideiussione sottoposto alla firma del cliente non abbia i requisiti censurati nel 2005» e ciò perché «tale onere è più facilmente assolvibile dalla banca la quale è colei che ha predisposto la modulistica contrattuale firmata dal cliente in adesione». Più in particolare, «poiché il provvedimento della Banca d’Italia arriva a censurare alcune specifiche clausole ponendo in evidenza l’ingiustificato sfavore per il cliente, sarà semmai la banca a dover dimostrare quali ulteriori norme contrattuali sono state inserite nel contratto per compensare o attenuare le criticità segnalate dal provvedimento del 2005 così da far emergere l’interruzione del rapporto causale tra l’intesa ed il modello ABI oggetto di censura la cui produzione in giudizio potrebbe consentire un raffronto anche grafico delle due tipologie di contratti».

Così delineato il quadro normativo attuale, i quesiti che attualmente la cassazione a sezioni unite dovrà decidere riguardano i seguenti punti:

  1. se la coincidenza totale o parziale con le condizioni considerate nulle giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno;
  2.  nel primo caso, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;
  3.  se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione;
  4.  se l’indagine a tal fine richiesta debba avere ad oggetto, oltre alla predetta coincidenza, la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero l’esclusione di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal contratto.