La Corte Costituzionale, con sentenza n. 99 del 2020 ( Presidente Cartabia, Redattore Morelli) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art 120, comma 2, del Dlgs 285/1992 ( recante il nuovo codice della strada) – come sostituito dall’art 3, comma 5, lett a) della L 94/2009 ( Disposizioni in materia di pubblica sicurezza) e come modificato dall’art 19, comma 2, lettere a) e b), del Dlgs 59/2011, attuativo delle direttive comunitarie 126/2006 e 113/2009 concernenti la patente di guida – nella parte in cui “… dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere”- alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136)”.

Più nello specifico, l’automatismo della revoca prefettizia della patente di guida in conseguenza dell’applicazione di una misura di prevenzione  viene censurato in relazione al principio di ragionevolezza ex art 3 Cost. nella misura in cui non consente, secondo i giudici della Consulta, di modulare l’applicazione di tale sanzione in funzione  del grado effettivo di pericolosità sociale del soggetto proposto.

Giova rammentare che l’art 120 del Codice della strada, rubricato “Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’art 116” annovera tra i soggetti che non possono conseguire la patente di guida anche coloro che siano ovvero siano stati assoggettati a misure di prevenzione previste dalla legge 1423 del 1956 ( oggi dlgs 159/2011, recante la nuova disciplina di tali misure), disponendo altresì, al citato comma 2, che il prefetto provvede alla revoca della patente di guida per il caso in cui  il soggetto venga ad essere sottoposto a tali misure in un momento successivo al rilascio della patente di guida.

 

La questione è stata rimessa al Giudice delle leggi in virtù di diversi incidenti di incostituzionalità sollevati  nell’anno 2019 dal T.A.R. per le Marche e dai Tribunali ordinari di Cagliari e Reggio Calabria ( quest’ultimo, per la precisione, con ben due ordinanze): in tutti i provvedimenti di rimessione la norma sospetta di illegittimità costituzionale appare in patente contrasto, in particolare, con i principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art 3 Cost., nella parte in cui prevede la revoca automatica, da parte della Autorità prefettizia, della patente di guida per il caso di applicazione “…per qualsiasi soggetto e per qualsiasi ipotesi..” di una misura di prevenzione, cioè senza possibilità alcuna, per la competente Autorità amministrativa, di modularne l’operatività in base al grado effettivo di pericolosità sociale del soggetto che venga ad esservi sottoposto.

Parimenti, nella misura in cui comporta una eccessiva limitazione della libertà di circolazione, con conseguente lesione del diritto al lavoro dei soggetti sottoposti alla misura nell’ipotesi – non infrequente  – in cui la patente costituisca il mezzo per raggiungere il posto di lavoro,  emerge l’ulteriore contrasto della norma censurata con gli artt 4, 16 e 35 della Costituzione; senza contare la palese contraddittorietà rispetto all’obbligo imposto, ex art 8 comma 3 del Codice antimafia, dal Tribunale (al momento dell’applicazione della misura di prevenzione) a carico di chi sia indiziato di vivere con il provento di reati, di darsi alla ricerca di una occupazione lavorativa: ciò in quanto assolvere a tale obbligo senza poter guidare un mezzo di locomozione potrebbe risultare per il proscritto maggiormente, ed inopinatamente, gravoso.

La Corte costituzionale, con la pronuncia in commento, nel dichiarare la fondatezza della questione di legittimità costituzionale sottopostale ha anzitutto ricordato come il comma 2 dell’art 120 della disposizione censurata sia già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 22 del 2018 “nella parte in cui  – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui all’art 73 e 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 ( Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente”.

Ciò sulla base delle considerazioni per cui la disposizione in parola ricollega l’effetto della revoca automatica del titolo di abilitazione alla guida – ricorrendovi all’uopo il presupposto della “indifferenziata valutazione di sopravvenienza” di una condizione ostativa al rilascio del medesimo – ad una molteplicità di fattispecie tra loro non omogenee, atteso che la condanna cui viene fatto riferimento afferisce a reati caratterizzati da una diversa entità offensiva ed un differente grado di allarme sociale.

Parimenti, la contraddittorietà insita in tale operazione sanzionatoria concerne il fatto che, mentre il giudice penale ha la facoltà di disporre, ove ritenuto opportuno, il ritiro della patente, il prefetto  ha invece un vero e proprio obbligo di  revoca della stessa.

Ciò posto, la Corte Costituzionale rammenta ancora come la stessa disposizione sia stata ugualmente dichiarata incostituzionale per effetto della pronuncia n. 24 del 2020 “… nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere”- alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale”; anche in questo caso, infatti, ricorda la Corte, l’automatismo della revoca prefettizia della patente è stato ritenuto in conflitto con i principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, a fronte della grande varietà delle misure di sicurezza irrogabili – quanto a contenuto, durata e prescrizioni – nonché contraddittorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale nel disporre la misura di sicurezza personale può consentire al soggetto sottoposto di continuare a far uso della patente di guida, laddove una tale facoltà  venga di fatto preclusa all’autorità prefettizia per effetto della disposizione censurata. E’ appena il caso di rilevare come questo precedente giurisprudenziale sia direttamente collegabile con le misure di prevenzione che, pur essendo ontologicamente differenti rispetto alle misure di  sicurezza per effetto delle modalità della loro applicazione ed irrogazione, hanno, tuttavia, in comune l’elemento della pericolosità sociale e, dunque, una valutazione circa l’eventualità della possibile reiterazione di reati.

In ogni caso, le due sentenze citate confermano la circostanza per la quale, a differenza di quanto accade per l’Autorità Giudiziaria,  non è data facoltà al Prefetto di soppesare l’opportunità di una eventuale revoca della patente di guida, avuto riguardo al caso concreto e, per questa via, al grado effettivo di pericolosità sociale del soggetto proposto: al ricorrere della fattispecie ex art 120 comma 2 del Codice della strada, la suddetta Autorità amministrativa deve procedere alla revoca “secca” del titolo abilitativo alla guida e senza margine alcuno di discrezionalità.

Per questa via la Corte costituzionale ritiene che nel caso di specie sussistano ragioni analoghe a quelle poste a base delle ricordate pronunce del 2018 e del 2020, poiché le categorie dei destinatari delle misure di prevenzione ex art 4 del Dlgs 159/2011, pur dichiarato incostituzionale per effetto della pronuncia 24 del 2019, sono così variegate ed eterogenee ( trattandosi cioè di soggetti condannati  per reati caratterizzati da diverso gradiente di pericolosità ed allarme sociale, da non poterne identificare un minimo comune denominatore, se si eccettua, appunto la valutazione della pericolosità cui il legislatore fa conseguire automaticamente l’applicazione della misura della revoca della patente, peraltro, nemmeno imposta dall’Autorità Giudiziaria ma dal Prefetto in qualità di organo esecutivo);  ne consegue che, anche in relazione a tali misure,  emerge chiaramente l’irragionevolezza dell’automatismo della revoca della patente di guida, che peraltro rischierebbe di “…innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento…” qualora proprio l’utilizzo della patente di guida sia necessario per il soggetto proposto al fine  di  darsi alla ricerca di un lavoro, come prescritto ex art 8 comma 3 del Dlgs 159/2011 a carico di coloro indiziati di vivere con i proventi di reati.

Infine, i giudici della Consulta hanno chiarito che il carattere della revoca prefettizia della patente di guida – che per effetto della decisione in esame non è da considerarsi più automatico ed obbligatorio – non determina la necessità di procedere ad una nuova valutazione della pericolosità sociale del soggetto nei cui confronti sia stata irrogata la misura di prevenzione, ma solo la verifica in ordine alla opportunità della revoca della patente di guida da parte del prefetto a fronte della misura specifica in concreto adottata.