Con ordinanza del 22 gennaio 2019 n. 12 il Tar Parma ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 comma 6 ter, L. 7 agosto 1990 n. 241 ritenendo non manifestamente infondata e rilevante la questione relativa alla dedotta violazione degli artt. 3, 24. 103 e 113 Cost. nella parte in cui consente ai terzi lesi da una SCIA edilizia illegittima di esperire “esclusivamente” l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3, c.p.a, e, ciò, peraltro, soltanto dopo aver sollecitato l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione.

La questione è stata sollevata dal Tar Parma in condivisione con analoga questione sollevata dal TAR Toscana con ordinanza n. 667/2017 nella parte in cui aveva sottoposto al vaglio della Corte la questione relativa alla legittimità della medesima norma “ per assenza di previsione espressa di un termine entro il quale il terzo deve sollecitare il potere inibitorio dell’amministrazione”.

Il TAR Parma ha però sottolineato come la questione relativa alla limitazione dell’interesse processuale dei terzi lesi da una SCIA illegittima non si limiti al termine per sollecitare il potere dell’amministrazione, ma anche al tipo d’azione esperibile  in ragione del fatto che l’unica tutela accordata ai terzi controinteressati in questi casi è appunto l’azione prevista dall’art. 31 c.p.a. Il Tar Parma ha quindi osservato:

  1. Quanto al termine per la richiesta sollecitatoria all’amministrazione, nessuna delle soluzioni proposte dalla giurisprudenza appaiono convincenti, non potendosi  utilizzare il termine previsto per l’azione inibitoria (60 giorni) data la natura non inibitoria dell’azione  prevista dall’art. 31 c.p.a. né ancor meno  quello annuale previsto  espressamente per l’esercizio dell’azione dal momento che in tale maniera viene a confondersi un termine processuale con un termine amministrativo.
  2. Quanto all’azione ex art. 31 c.p.a, (che, come è noto, prevede la possibilità per i terzi controinteressati,  decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, di  chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere) il Tar Parma,  dopo  aver confutato la tesi secondo cui l’azione accordata ai terzi lesi da una SCIA illegittima,  possa ritenersi avere natura inibitoria posto che l’amministrazione beneficerebbe, in tal modo, di una sorta di rimessione  in  termini rispetto al procedimento attivato sulla base della segnalazione certificata, il cui limite temporale entro il quale intervenire con il potere repressivo (trenta giorni) è stato nel frattempo definitivamente superato,  ha rilevato come la norma processuale in questione determinerebbe un’inammissibile attribuzione al terzo del potere di  sostituirsi all’amministrazione. Ne ha quindi concluso che  la natura giuridica dell’azione in parola debba essere ricostruita sulla base di un’interpretazione  di sistema che consentirebbe di far rientrare l’azione prevista dall’art. 31 c.cp.a. nell’alveo delle azioni di accertamento, volta, in questo caso ad ottenere l’obbligo da parte della P.A. alla  illegittimità della SCIA. Infatti,  un diversa interpretazione comporterebbe, in ragione dell’assenza di un provvedimento amministrativo, di consentire,  in  costanza di un  mero potere di controllo ex post da parte dell’ente pubblico, ai privati di paralizzare l’attività di altri privati radicando una controversia concernente l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, in aggiunta o in luogo degli ordinari rimedi esperibili dinanzi al Giudice ordinario a tutela della proprietà e del possesso.

Il Tar Parma ha quindi conclusivamente osservato che il nuovo sistema di tutela del terzo leso da una SCIA edilizia illegittima è stato costruito nei termini di una ridotta forza processuale del controinteressato, e non può essere interpretato in modo diverso, se non tramite l’inammissibile costruzione pretoria di un regime impugnatorio sprovvisto di base normativa. Da qui, la possibile illegittima costituzionalità della norma  per non essere idonea  a tutelare in modo efficace la sfera giuridica del terzo che ha innanzitutto l’onere, prima di agire in giudizio, di presentare apposita istanza sollecitatoria alla P.A., così subendo una procrastinazione del momento dell’accesso alla tutela giurisdizionale oltre che un’incisiva limitazione dell’effettività della tutela giurisdizionale in spregio ai principi di cui agli artt. 24, 103 e 113 Cost. L’istanza è, infatti,  diretta ad attivare  non il potere inibitorio di natura vincolata (che si estingue decorso il termine perentorio di legge), ma il c.d. potere di autotutela cui fa riferimento l’art. 19, comma 4, l. n. 241 del 1990. Tale potere, tuttavia, è ampiamente discrezionale in quanto postula la ponderazione comparativa, da parte dell’amministrazione, degli interessi in conflitto, con precipuo riferimento al riscontro di un interesse pubblico concreto e attuale che non coincide con il mero ripristino della legalità violata.

Con l’ulteriore conseguenza negativa che nel giudizio conseguente al silenzio o al rifiuto di intervento dell’amministrazione, il giudice amministrativo non può  determinare il contenuto del provvedimento da adottare ma deve limitarsi ad una mera declaratoria dell’obbligo di provvedere.  Ne deriva un vulnus all’esercizio di difesa del terzo controinteressato particolarmente rilevante visto che l’azione riservatagli impedisce di ottenere un precetto giudiziario interdittivo di un’attività illegittima, precetto, peraltro vincolato dall’intervento ampiamente discrezionale del pubblico potere.