Con sentenza n. 16 del 28 agosto 2020, l’Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:

 

“a- la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; 

b- in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;

g- alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;

d- la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.

La pronuncia trae origine da due separati ricorsi in appello (Cons. Stato, nn.rr. 10 e 11/2020) proposti d  due società che avevano partecipato al bando per l’affidamento in appalto dei lavori di rettifica, allargamento ed adeguamento strutturale della banchina di Levante del molo di San Cataldo e della calata 1 del porto di Taranto, classificandosi al primo e al secondo posto della graduatoria. L’amministrazione aggiudicatrice le aveva entrambe escluse, per motivi differenti, dall’appalto, il quale era stato conseguentemente assegnato all’impresa piazzatasi in terza posizione.

Nello specifico la prima delle due società era stata estromessa perché, dopo aver usufruito dell’avvalimento  di un consorzio allo scopo di soddisfare il requisito del fatturato minimo richiesto ai partecipanti, aveva, secondo i giudici, dichiarato il falso, inserendo nel calcolo complessivo del suo volume d’affari anche i ricavi di un’impresa sospesa dal consorzio medesimo per scadenza della propria certificazione SOA (cfr. TAR Puglia – Lecce, Sez. I, Sentenza n. 846 del 22 maggio 2019).

La  seconda società era stata invece esclusa per non aver presentato la dichiarazione di impegno del fideiussore a stipulare la cauzione definitiva ex art. 93, co. 8 del d.lgs. 50/2016 (cfr. TAR Puglia – Lecce, Sez. I, Sentenza n. 453 del 21 marzo 2019).

Dopo aver disposto la riunione ex art. 70 c.p.a. dei due appelli, la sezione V del Consiglio di Stato, focalizzando l’attenzione sull’impugnazione svolta dalla prima società ha deferito all’Adunanza Plenaria la questione relativa “alla portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) e f-bis) del comma 5 dell’art. 80 del d. lgs. 50/2016”. In particolare è stato chiesto all’Ad. Plen. di chiarire quali fossero i rapporti tra le lettere c) [ora c-bis), in seguito alle modifiche apportate dall’art. 5 del d.l. 135/2018] e f-bis) dell’art. 80 del Codice e quale fosse l’estensione da ascrivere agli obblighi dichiarativi in capo ai partecipanti alla gara.

Sebbene sia la lettera c) sia la f-bis) definiscano come grave illecito professionale le false dichiarazioni, risultano parzialmente sovrapponibili; la prima aggiunge un quid pluris rispetto alla seconda, dal momento che annovera oltre alle false informazioni rese dagli operatori economici anche quelle  volutamente omesse e previste dalla legge in via obbligatoria.

La distinzione tra falsa ed omessa informazione rileva soprattutto dal punto di vista delle conseguenze giuridiche. Nel primo caso le stazioni appaltanti, una volta che abbiano accertato la falsità ai sensi del co. 5, sono vincolate ad escludere dalla gara l’operatore economico; mentre, nel secondo, per procedere all’esclusione, devono previamente valutare se l’omissione abbia concretamente impedito il corretto svolgimento della procedura di selezione  così compromettendo l’affidabilità e l’integrità  degli operatori economici che partecipano alla gara.

Riguardo a questa dicotomia sono in realtà ravvisabili, in seno alla giurisprudenza amministrativa, due orientamenti contrapposti. Secondo il primo l’omissione in sé e per sé sarebbe sufficiente a determinare l’esclusione del concorrente, a differenza dell’altro, per cui, a contrario, bisognerebbe distinguere tra falsità ed omissione, circoscrivendo l’automatismo espulsivo al solo falso. Il giudice di prime cure ha ricondotto la fattispecie in esame al primo dei suddetti orientamenti, ritenendo che l’esclusione fosse giustificata ai sensi della lettera f-bis) e che alla stazione appaltante non fosse attribuibile alcun margine di discrezionalità nella valutazione, poiché “l’incompletezza delle dichiarazioni lede di per sé il principio di buon andamento dell’amministrazione, inficiando ex ante la possibilità di una non solo celere, ma soprattutto affidabile decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara”.

L’Ad. Plen. muove dal presupposto che le dichiarazioni rese dalla società appellante non fossero false, giacché il TAR leccese non aveva analizzato il punto nevralgico della questione, attinente non all’incontestato volume d’affari della consorziata estromessa (la General Works S.r.l.), ma alla possibilità di cumulare quest’ultimo a quello delle altre società partecipi all’accordo consortile. Perciò la condotta della concorrente doveva essere più correttamente fatta ricadere nel campo d’applicazione della lettera c),  il cui disposto normativo  aggiunge alla falsità dichiarativa della lettera f-bis) un elemento specializzante, inerente la capacità di “influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione della stazione appaltante”. Viceversa, per quanto concerne le omissioni dichiarative, è presupposto ineludibile la presenza di “un obbligo il cui assolvimento [sia] necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente”.

In nessuna di queste fattispecie, sottolinea l’Ad. Plen., si ha l’automatismo espulsivo proprio della lettera f-bis) ed è pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante. Qualora un simile apprezzamento sia stato trascurato dall’amministrazione aggiudicatrice, non potrà più essere effettuato, in via sostitutiva, dal giudice amministrativo, poiché, in ottemperanza al divieto espresso dell’art. 34, co. 2, c.p.a., egli “può pronunciare con” esclusivo “riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. Corollario di tale rigorosa interpretazione della lettera c) è l’inevitabile contrazione dell’applicabilità della lettera f-bis), limitata “alle ipotesi in cui le dichiarazioni rese con la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima, secondo la lettera c”, con la conclusione che l’amministrazione aggiudicatrice dovrà accertare se la falsità o l’omissione abbiano inciso sull’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.

CONCLUSIONI

Secondo l’orientamento conclusivo del Supremo Consesso il giudizio di affidabilità professionale espresso dall’Amministrazione non è soggetto ad alcun automatismo espulsivo e non può essere  assoggettato al sindacato giurisdizionale di legittimità se non nei limiti che impongono al Giudice il controllo dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza, logicità e proporzionalità. Ciò, a maggior ragione nell’ipotesi di omissione dichiarativa, quest’ultima in nulla diversa dall’ipotesi di  informazioni false o fuorvianti, suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione. Infatti, anche in casi del genere non si verifica alcun automatismo espulsivo dal momento  che, pure in questo caso, idocumenti e  (le) dichiarazioni sono comunque veicolo di informazioni che l’operatore economico è tenuto a dare alla stazione appaltante e che quest’ultima a sua volta deve discrezionalmente valutare per assumere le proprie determinazioni nella procedura di gara”.

 I casi di automatismo espulsivo previsti dalla lettera f-bis)  rimangono pertanto circoscritti alle ipotesi in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima, secondo quanto previsto dalla lettera c).