La giurisdizione esclusiva consiste in un particolare settore della giurisdizione amministrativa nell’ambito della quale il Giudice amministrativo è competente a conoscere sia degli interessi legittimi che dei diritti soggettivi. Essa costituisce una deroga al generale principio di bipartizione della giurisdizione in funzione del quale al G.O. viene attribuita la competenza in ordine alle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi e al G.A. quella in materia di interessi legittimi.   L’introduzione nell’ordinamento della giurisdizione esclusiva oggi disciplinata dall’articolo 133 C.P.A. risponde all’esigenza di attribuire al Giudice amministrativo il potere di conoscere di tutti gli aspetti rilevanti della controversia ad esso devoluta. L’estensione della sua competenza, ponendosi in evidente contrasto con il già citato principio della giurisdizione a doppio binario è controbilanciata dalla tassatività delle materie che rientrano in questo particolare settore.

Più in particolare, deve osservarsi che l’elencazione tassativa delle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva testimonia che l’intenzione del legislatore non sia stata quella di sottrarre materie alla competenza del G.O., bensì quella di assicurare maggiore pienezza ed effettività al sindacato del Giudice amministrativo in relazione a materie molto particolari.  La dottrina maggioritaria, infatti, sostiene che le materie di giurisdizione esclusiva siano connotate da un grado di specificità tale per cui anche la statuizione in ordine ai diritti soggettivi in esse coinvolti debbano spettare al G.A. Infatti, si tratta di materie in cui l’esercizio dell’azione amministrativa è talmente penetrante da involgere anche la sfera giuridica soggettiva piena propria dei diritti, ragione per cui  il sindacato  sull’operato della PA è opportuno venga espletato da un unico giudice e segnatamente al giudice della PA per eccellenza.

A norma dell’articolo 133 comma 1 lettera l) C.P.A. rientrano nelle materie di giurisdizione esclusiva anche i provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti. La natura del sindacato giurisdizionale in ordine a tali provvedimenti e la sua inclusione nelle materie di giurisdizione esclusiva deriva, in particolare, dalle peculiarità dei soggetti deputati ad emanarli, secondo il noto principio formalistico dell’atto amministrativo. Le Autorità Amministrative Indipendenti, infatti, sono delle pubbliche amministrazioni che, diversamente da quelle ordinarie, risultano prive del tipico requisito di dipendenza dal potere esecutivo.  Queste autorità, pur avendo natura pubblicistica, non sono gerarchicamente e funzionalmente sottordinate al Governo e sono istituite dalla Legge con il precipuo scopo di controllare e vigilare determinati settori del mercato o dell’azione amministrativa; pertanto, rivestono una posizione di indipendenza e imparzialità. La loro finalità secondo la dottrina maggioritaria impone di evitare che esse restino assoggettate ai vincoli della politica governativa o al sistema dello spoils system. La Legge istitutiva di tali Autorità, oltre a prevedere nel dettaglio la loro struttura ed il loro funzionamento, attribuisce un insieme di poteri necessari a perseguire la funzione attribuita. Pur non essendo possibile assimilare le varie forme di Autorità ad un modello unitario, si ritiene che tra i poteri ad esse spettanti vi siano quelli di adozione di provvedimenti regolatori e sanzionatori, nonché poteri di contenzioso, vigilanza e controllo. Proprio in ragione dell’attribuzione di funzioni contenziose, parte della dottrina ha definito le Autorità alla stregua di veri e propri organismi paragiurisdizionali aventi funzioni giustiziali.  Tale visione, non accolta dalla posizione maggioritaria, viene smentita in considerazione del fatto che non esiste una funzione giurisdizionale parallela a quella del G.O., del G.A. e delle altre giurisdizioni speciali e, dunque, tali autorità sarebbero dei meri organismi di controllo che esercitano una semplice funzione deflattiva del contenzioso in quanto la loro azione si pone, per lo più, in una fase antecedente al contenzioso a fini preventivi ed anticipatori. Gli atti di regolazione delle Autorità indipendenti hanno dato vita a notevoli problematiche di natura pratico-applicativa soprattutto in relazione al loro regime di impugnabilità ed alla tipologia del sindacato del G.A.Il primo problema che investe tali atti riguarda, innanzitutto, la natura giuridica. La questione, lungi dall’essere un semplice problema definitorio, comporta delle importanti ricadute pratiche sul piano della impugnabilità. Sul punto si registrano due contrapposti orientamenti; secondo una posizione dottrinale  (ormai in via di superamento) gli atti di regolazione avrebbero natura regolamentare e sarebbero dunque da annoverare tra le fonti secondarie dell’ordinamento.  Per la posizione dominante, invece, essi sarebbero degli atti amministrativi generali ed in quanto tali, privi del carattere di innovatività delle fonti regolamentari. A favore della seconda ricostruzione si osserva che, da un lato, promanano da una pubblica autorità,  dall’altro, mirano a soddisfare un preciso interesse pubblico, ovvero, quello relativo al loro operato (tutela della concorrenza e del mercato, tutela del risparmio e degli investitori etc.). Deve quindi osservarsi che l’atto di regolazione dell’autorità rappresenta lo strumento concreto attraverso il quale essa esplica la sua attività di controllo e vigilanza del settore di competenza. La riconduzione di tali atti nell’alveo degli atti amministrativi generali comporta la possibilità di impugnazione dinanzi all’Autorità giurisdizionale amministrativa al fine di far valere la loro illegittimità.  Nell’ambito dell’impugnazione e, quindi, del relativo sindacato del G.A. sono sorti alcuni problemi in ragione del fatto che essi sono spesso espressione della discrezionalità tecnica della Autorità di riferimento. L’alto contenuto di discrezionalità tecnica precluderebbe al G.A. di poter sindacare il merito del provvedimento, dovendo quest’ultimo limitarsi ad un sindacato “debole”, ovvero, senza poter valutare l’aspetto tecnico dell’atto. Secondo l’impostazione prevalente, tuttavia, oggi si ritiene che la peculiarità dell’atto di regolazione non precluda al G.A. la verifica del contenuto tecnico dell’atto, potendosi dunque affermare che a quest’ultimo spetti un sindacato “forte” non limitato alla sola verifica della legittimità formale.  Volendo esemplificare, possono essere citati : (i) l’art. 33 Cod. assicur. priv., in base al quale «l’Isvap determina, con regolamento, per tutti i contratti da stipulare [relativi ai rami vita] che prevedono una garanzia di tasso di interesse un tasso di interesse massimo, che non può superare il sessanta per cento del tasso medio dei prestiti obbligazionari dello Stato»;  (ii)  l’art. 15, co. 5, del Tuf, in tema di potestà regolamentare della Banca d’Italia sulla partecipazione al capitale in Sim e Sicav;  (iii)  l’art.  1,  co.  3,  d.l.  n.  7/07,  conv.  in  l.  n.  40/07,  che  limita il  potere  regolamentare  dell’Agcom sui contratti per adesione con operatori della telefonia. Tutte queste norme attribuiscono poteri regolamentari alle Autorità Indipendenti in settori tecnici specifici individuandone  il preciso ambito di applicazione; la caratteristica comune dei provvedimenti emanati  dalle Autorità  in tutti questi casi è la pubblicazione dell’atto regolatorio  in G.U. Tra gli atti di regolazione delle Autorità Amministrative Indipendenti assumono particolare e specifico rilievo le linee guida A.N.A.C. Quest’ultima è un’Autorità indipendente istituita  con la  L. 190/2012  allo scopo di vigilare, controllare e reprimere i fenomeni di corruzione all’interno della P.A. e più in particolare nella contrattazione pubblica. La sua specifica funzione è quella di valutare la regolarità delle procedure ad evidenza pubblica potendo intervenire attraverso gli ampi poteri di cui dispone. Il peculiare campo d’azione e i poteri ad essa riconosciuti hanno spinto la dottrina a ritenere che essa si discosti dalla generale figura dell’Autorità indipendente costituendo una species dotata di funzioni normative e giustiziali del tutto atipiche.  La ragione di tale teorizzazione deriva anche dal fatto che alla  predetta autorità  è demandato il compito di esercitare anche una funzione  precontenziosa  e contenziosa nei termini e modi specificati da Regolamenti appositamente emanati dalla stessa Autorità. Le linee guida rappresentano, unitamente ai bandi-tipo, capitolati-tipo ed altri strumenti di contrattazione flessibile, atti di regolazione delle Autorità indipendenti. Esse consistono in indicazioni rivolte alla stazione appaltante o all’ente aggiudicatore finalizzate alla correttezza e regolarità della procedura. È possibile distinguere tra due tipologie di linee guida; quelle vincolanti e quelle non vincolanti. La prime si differenziano dalle altre in quanto vincolano la P.A. procedente e consistono in vere e proprie prescrizioni che non posso essere disattese. In ragione delle loro caratteristiche, parte della dottrina ritiene che esse siano veri e propri regolamenti; ciò porterebbe ad applicare nei loro confronti i principi tipici delle fonti secondarie nonché le generali differenziazioni in ordine all’efficacia temporale, vacatio legis e disapplicazione in sede giurisdizionale .In ordine alla loro impugnazione dottrina e giurisprudenza ritengono, ormai pacificamente, che esse vadano impugnate dinanzi al Giudice amministrativo rientrando nelle materie di giurisdizione esclusiva. La loro concreta impugnabilità ha dato vita ad un dibattito generale avente ad oggetto il rapporto intercorrente tra queste ultime e la discrezionalità amministrativa. Più nel dettaglio ci si è chiesti se l’imposizione di tali indicazioni potesse precludere quel margine di autonomia della discrezionalità amministrativa necessario per la predisposizione del bando di gara.  Secondo la posizione maggioritaria non vi sarebbe alcuna ipotesi di confliggenza in quanto l’atto vincolante A.N.A.C. sarebbe dotato di una efficacia regolamentare funzionalizzata a reprimere il fenomeno corruttivo negli appalti pubblici che è concreta espressione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. La posizione della giurisprudenza prevalente ritiene che le linee guida vincolanti possano essere impugnate ai sensi dell’articolo 120 comma 1 lettera a) C.P.A., questa norma, infatti, disciplina il rito accelerato del ricorso giurisdizionale e prevede espressamente che si possano impugnare tutti i provvedimenti dell’ agenzia di vigilanza per la corruzione nei contratti pubblici (ora assorbita dall’A.N.A.C.). La peculiarità di tale procedimento riguarda il fatto che esso preveda termini dimezzati rispetto al rito ordinario in quanto l’accelerazione del rito risulta dettata dalle esigenze di celerità dell’impugnazione nel corso della procedura ad evidenza pubblica.  Altresì impugnabili sono le linee guida non vincolanti. Queste ultime, pur non vincolando la stazione appaltante o l’ente aggiudicatore sono comunque obbligatorie; ciò significa che la P.A. dovrà motivare adeguatamente la scelta di disattendere le indicazioni contenute in tali atti, pena l’irrogazione di una sanzione pecuniaria. Tale onere di motivazione ha portato la giurisprudenza amministrativa ad ammettere la loro impugnabilità sul presupposto che si traducono in un vincolo (seppur indiretto) alle scelte che la P.A. intende operare. In conclusione, deve ritenersi che le linee guida A.N.A.C. siano  sempre impugnabili dinanzi al G.A. ed il relativo sindacato incontra il limite del merito della discrezionalità amministrativa, ciò in considerazione del fatto che tali atti, pur rientrando nell’area della giurisdizione esclusiva, non rientrano in quella estesa al merito.