L’azione amministrativa può incidere sulla sfera giuridica soggettiva del privato al fine di perseguire un determinato interesse pubblico.

L’ incidenza del potere amministrativo nei rapporti con i privati può verificarsi in un duplice senso, ovvero, nell’ambito dell’attività iure privatorum in cui l’autorità amministrativa si trova in una situazione di tendenziale parità con il privato e in quella pubblicistica (o iure imperii) in cui viene in risalto la supremazia del potere pubblico rispetto a quello privato.

La lesione della sfera giuridica del privato può concretizzarsi, a volte, in un effetto fisiologico dell’atto amministrativo oltre che in generale dell’azione amministrativa; infatti, non tutte le lesioni provenienti dal comportamento della PA sono apprezzabili giuridicamente in quanto nel perseguimento dell’interesse pubblico la compressione della sfera giuridica dei privati costituisce un effetto pressocchè naturale dell’azione amministrativa.

Strettamente indicativi di lesioni giuridicamente rilevanti perchè conseguenti al comportamento illegittimo della P.A. sono il risarcimento del danno da silenzio oltre a quello derivante dalla responsabilità precontrattuale.

Con l’espressione silenzio amministrativo si fa riferimento ad una particolare ipotesi in cui a seguito di una determinata istanza del privato si verifichi una situazione di ingiustificata inerzia della P.A. interessata. La materia del silenzio è da molti anni al centro di un vivace dibattito tanto in dottrina quanto in giurisprudenza poiché ci si interroga sulla natura giuridica dell’istituto e sulle tecniche di tutela assegnate al privato. L’istituto è stato lungamente analizzato dalla dottrina che ha cercato di ricostruire un quadro complessivo delle varie figure di silenzio e dei relativi regimi giuridici sopratutto in concomitanza con gli interventi normativi che lo hanno interessato. Dal punto di vista della teoria generale il silenzio trae origine dai principi generali che informano l’intera attività amministrativa e più in particolare dal principio di buon andamento sancito dall’articolo 97 Cost.

Particolarmente importante è, in questo ambito, il richiamo al principio di efficienza del procedimento amministrativo e della ragionevole durata che sono ormai principi consolidati dell’ordinamento comunitario. Il silenzio può essere definito come comportamento della P.A. al quale la legge riconosce determinati effetti giuridici. All’interno della categoria del silenzio è possibile distinguere tra silenzio assenso, silenzio rifiuto e silenzio inadempimento; tuttavia, ciò che viene particolarmente in risalto nell’ambito del danno risarcibile patito dal privato è la figura del silenzio inadempimento, posto che le due prime figure si traducono in conseguenze tipiche, cui l’ordinamento fa discendere dei rimedi anch’essi tipizzati. L’introduzione della legge 241/1990 nell’ordinamento positivo ha letteralmente stravolto l’operato delle Amministrazioni Pubbliche che prima di tale Legge erano sostanzialmente libere nello svolgimento della propria attività procedimentale. L’articolo 2 comma 1 della L. citata ha infatti per la prima volta positivizzato l’obbligo per la P.A. di adottare nell’ambito dei procedimenti ad istanza di parte un provvedimento conclusivo espresso; questa previsione normativa costituisce il presupposto della stessa configurabilità del silenzio.

Secondo la dottrina maggioritaria, infatti, il privato è detentore di un interesse legittimo alla conclusione del procedimento e proprio al fine di tutelare questa sua posizione soggettiva ha cominciato a farsi strada la teorizzazione del silenzio inadempimento. Nell’ambito dei procedimenti ad istanza di parte, qualora sia trascorso invano il termine di conclusione e l’amministrazione non abbia adottato un atto espresso, si configura l’ipotesi di inerzia amministrativa meglio nota come silenzio inadempimento. Il privato è tutelato dall’inerzia amministrativa attraverso una forma di tutela abbastanza estesa che trova fondamento nelle norme del D.Lgs. n. 104/2010 e più in particolare dagli articoli 30 e 31.

La prima questione relativa alle tecniche di tutela del privato nei confronti del silenzio è quella riguardante il riparto di giurisdizione. La questione è infatti stata oggetto di dibattito in quanto non vi è stata unanimità di vedute in ordine alla specifica pozione soggettiva vantata dal privato; sul punto la posizione maggioritaria ritiene che si tratti di un interesse legittimo in quanto la situazione di inerzia si traduce nell’impossibilità di perseguire il bene della vita cui è funzionalizzato lo stesso procedimento azionato dal privato e dunque andrebbe riconosciuta la giurisdizione del G.A. Secondo altra teorizzazione, invece, si tratterebbe di un diritto soggettivo seppur strumentale al raggiungimento di quel bene, spettando quindi al G.O. la relativa giurisdizione. L’intervento del legislatore ha definitivamente posto fine all’annosa questione sul riparto di giurisdizione ed invero in forza dell’articolo 133 C.P.A. i ricorsi in materia di silenzio inadempimento rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A..

Ciò significa che il G.A., in questo caso, è competente per tutte le controversie che riguardino il silenzio inadempimento  indipendentemente dalla posizione soggettiva in concreto vanata, se cioè di diritto soggettivo o di interesse  legittimo.

Nell’ipotesi in cui si verifica l’inerzia, ai sensi dell’articolo 31 C.P.A, il privato può legittimamente esperire un’azione di accertamento in ordine all’obbligo di provvedere nonché un’azione di risarcimento del danno subito.

L’azione avverso il silenzio mira ad accertare che in relazione al procedimento instaurato dal privato la P.A. abbia un vero e proprio obbligo di provvedere, circostanza, questa che non ricorre necessariamente nel caso di procedimento ad istanza di parte né tanto meno nell’ipotesi  in cui  siano trascorsi i termini di conclusione dello stesso; si ritiene infatti che l’obbligo di provvedere sia positivamente normato e derivi da una specifica fonte di diritto. Inoltre, il citato principio non costituisce un valore assoluto e conosce delle deroghe. Le ipotesi derogatorie all’obbligo di adozione del provvedimento espresso previste dalle legge derivano da esigenze di semplificazione e liberalizzazione dell’attività amministrativa.

È questo, ad esempio, il caso delle materie rientranti nell’ambito di operatività della s.c.i.a. in cui l’ordinario iter procedimentale (e dunque decisionale) viene sostituito dalla segnalazione del privato, residuando in capo alla P.A. esclusivamente il potere di adottare atti sanzionatori o di controllo successivi alla presentazione dell’atto propulsivo da parte del privato.

Contestualmente all’azione di accertamento il privato potrà esperire,  una volta accertata l’inerzia e quindi in via subordinata rispetto alla domanda principale, l’azione di risarcimento del danno subito a causa dell’inerzia della P.A.

In relazione a tale tipo di azione,  la posizione maggioritaria della giurisprudenza amministrativa ritiene che il giudice debba valutare l’entità del risarcimento in relazione alle concrete circostanze del fatto, dando particolare importanza alle valutazioni di capacità organizzativa e provvedimentale della P.A. interessata.

Il risarcimento del danno dal silenzio deve presupporre tutti gli elementi dell’illecito civile e quindi si fonda sulla generale valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi tipici dell’illecito aquiliano. Tuttavia, è opportuno sottolineare alcune particolarità; infatti, se da una lato l’accertamento giudiziale deve mirare a risarcire il privato in maniera integrale dal pregiudizio concretamente subito, si ritiene che non si possa fare esclusivo riferimento alle tecniche di valutazione tipiche della giurisdizione civile, dovendosi, invece, tenere in considerazione anche i complessivi interessi di natura pubblicistica coinvolti. I recentissimi interventi normativi in materia di silenzio hanno poi introdotto l’ulteriore figura dell’indennizzo da ritardo o inadempimento che diversamente dalla disciplina poc’anzi citata, costituisce una forma di responsabilità in re ipsa della P.A. svincolata dalla valutazione degli elementi soggettivi tipici della tecnica risarcitoria. Il nuovo istituto dell’indennizzo da ritardo prevede che il privato sia titolare di un diritto all’indennizzo calcolato sulla base di un’unità di indennizzo giornaliera da moltiplicarsi per i giorni in cui si protrae l’inerzia della P.A.. Anche in questo caso il ritardo viene calcolato sulla base del computo del termine finale di adozione del provvedimento ma, diversamente dall’ipotesi risarcitoria (che presuppone un danno), lo strumento indennitario prescinde dal verificarsi dell’evento lesivo essendo esclusivamente fondato sui requisiti dell’inerzia e dell’arco temporale in cui essa persiste.

Altra ipotesi di comportamento lesivo della P.A. nei confronti del privato è quello che dà vita alla responsabilità precontrattuale.

Come sopra specificato l’autorità amministrativa nell’esercizio del potere amministrativo può anche agire iure privatorum, ovvero, attraverso dei semplici rapporti di diritto privato con soggetti terzi all’amministrazione stessa. Tale attività viene pacificamente ricondotta alla capacità di diritto privato di cui ogni amministrazione è titolare e conferisce a quest’ultima il potere di stipulare ogni atto di natura privata che, compatibilmente con l’interesse pubblico perseguito, si riveli necessario ed opportuno.

Sarà allora possibile che la P.A. nell’ambito di un procedimento di contrattazione realizzi una ipotesi di responsabilità precontrattuale che legittima il privato al risarcimento del danno. Anche in relazione a tale ipotesi è preliminarmente necessario fare cenno alla questione sul riparto di giurisdizione; invero, diversamente da quanto detto in materia di silenzio, la posizione della dottrina e della giurisprudenza è da tempo consolidata e univoca nel ritenere la sussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario. A sostegno di tale impostazione si osserva che l’ambito di operatività che viene ad emersione è certamente quello del diritto privato poiché la pubblica amministrazione, pur essendo un soggetto pubblico, compie atti di natura privatistica. Questa teorizzazione ha trovato l’avallo della giurisprudenza del Consiglio di Stato il quale ha osservato che tali controversie riguardano esclusivamente diritti soggettivi  e che l’inclusione di quest’ultime nell’ambito della giurisdizione amministrativa rappresenterebbe una ingiustificata compressione della competenza della giurisdizione ordinaria. In questa peculiare ipotesi il comportamento della P.A. comporta la lesione del legittimo affidamento del privato alla contrattazione. L’amministrazione potrebbe infatti rendersi responsabile della violazione del generale dovere di buona fede che riguarda anche la fase precontrattuale legittimando la pretesa risarcitoria da parte del privato In ordine alla risarcibilità, la natura dell’attività esercitata dalla P.A. nonché la stessa tipologia di giurisdizione comportano l’applicazione degli ordinari criteri di risarcimento civilistici, dovendo parte attrice provare la violazione del dovere di buona fede della controparte pubblica nonché tutti i requisiti del danno. L’attività comportamentale della P.A. rileva poi sotto il profilo del legittimo affidamento. Il concetto di legittimo affidamento deriva da un principio di natura comunitaria e si traduce in una situazione in cui, data l’adozione di un determinato provvedimento e il trascorrere del tempo, il privato  abbia fatto  affidamento su una situazione giuridica consolidata. Il concetto di affidamento legittimo, secondo la dottrina, deriva infatti dal più generale principio di certezza dell’azione amministrativa che intende tutelare il privato da eventuali forme di potere “successivo” della P.A.. Nonostante sia pacifico che il potere amministrativo proprio perché rispondente ad un pubblico interesse è certamente preminente rispetto agli interessi dei privati, si ritiene che l’esercizio di un potere successivo al consolidamento di una determinata situazione, tale da porsi in maniera sfavorevole per il privato, debba essere controbilanciato dalla possibilità di tutela di quest’ultimo.

In ordine alle tecniche di tutela relative alla lesione del legittimo affidamento è opportuno distinguere in relazione al caso concreto (e dunque al tipo di atto amministrativo intervenuto).Se infatti il presupposto di fondo è da rinvenire nel fatto che il comportamento della P.A. sia stato sfavorevole per il privato, quest’ultimo potrà esperire sia un’azione caducatoria finalizzata a far valere la nullità dell’atto che si ritiene illegittimo, sia un’azione di risarcimento del danno derivante dalla violazione della situazione consolidata.

L’individuazione dei criteri di risarcibilità in relazione a questa particolare situazione è abbastanza complessa poiché tale giudizio richiede inevitabilmente un delicato bilanciamento tra la lesione della situazione consolidata e il perseguimento dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio del potere.

Sul punto la giurisprudenza è divisa; secondo una tesi più rigorosa il risarcimento dovrebbe basarsi sui dei criteri oggettivi determinati in funzione del grado di affidamento del privato, della situazione consolidata nonché sull’arco temporale trascorso.

Per altra impostazione, invece, spetterebbe al giudice valutare l’entità del risarcimento sulla base delle concrete circostanze del caso, allontanandosi, dunque, da logiche di valutazione equitativa.

Si ritiene infatti che incomberebbe sul privato l’onere di allegare e di provare la deminutio patrimoniale che gli sia derivata dal comportamento illecito della P.A., per esempio: mancato guadagno in relazione a contestuali offerte negate, tempo  di lavoro perso nelle trattative. La seconda soluzione ermeneutica riportata sembrerebbe maggiormente idonea ad assicurare una tutela piena del privato che sia stato leso dal comportamento della P.A. ed è per tal motivo che, anche nell’ottica di una giustizia “sostanziale”, trova conferme nella giurisprudenza maggioritaria.

 In conclusione, deve evidenziarsi che il comportamento illegittimo dell’autorità amministrativa può dar vita a complesse ed eterogenee vicende sia nell’ambito dell’attività di tipo pubblicistico che nell’ambito dell’attività privata.

In entrambi i casi, l’ordinamento riconosce al privato svariate tecniche di tutela con un differente riparto di giurisdizione in relazione alla concreta tipologia di pregiudizio subito.