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Tizio, padre di Tizietto, da in comodato al figlio un immobile di sua proprietà perché lo destini a casa familiare. Tizietto vi abita per un congruo numero di anni insieme alla sua famiglia costituita dalla moglie Sempronia e dai figli minori fino a quando non si separa dalla moglie in via giudiziale. Nel corso del procedimento il giudice della causa assegna la casa familiare a Sempronia perché vi abiti insieme ai figli minori con affidamento congiunto anche a Tizietto.

Tizio, richiede a Sempronia il rilascio dell’immobile onde rientrare in possesso del bene di sua proprietà. Il candidato assuma la difesa di Tizio redigendo parere in merito.

 

 

Si richiede di esprimere motivato parere circa le azioni che possono essere intraprese da Tizio al fine di rientrare in possesso dell’immobile di sua proprietà, dato dapprima in comodato al figlio Tizietto e adibito dallo stesso a casa familiare insieme ai figli e alla moglie Sempronia, e successivamente assegnato a quest’ultima nel giudizio di separazione instauratosi tra Tizietto e Sempronia.

Con l’obiettivo di fornire un’efficace risposta al quesito posto, si rende necessario, in via preliminare, esaminare gli istituti giuridici che lo stesso sottende.

Ai sensi dell’articolo 1803 del codice civile, con il contratto di comodato, un soggetto (comodante), consegna un bene immobile o mobile alla controparte (comodatario) affinché questa se ne serva per un uso determinato per poi restituirlo alla scadenza del termine. Il comodato è da inquadrarsi nell’ambito dei rapporti di cortesia e di fiducia intercorrenti tra le parti e questo è il motivo per il quale è essenzialmente gratuito. È un contratto reale e bilaterale imperfetto poiché prevede obbligazioni solo a carico del comodatario e segnatamente la restituzione della cosa.  Oggetto del contratto di comodato possono essere sia beni immobili che mobili.

L’articolo 1809 del codice civile stabilisce che il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza del termine, quando se ne è servito in conformità al contratto.

Il successivo articolo 1810 del codice civile sancisce che se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.

Nel caso di specie, Tizio ha dato in comodato al figlio Tizietto un immobile di sua proprietà affinché fosse adibito a casa familiare insieme alla moglie Sempronia e ai figli. Ciò implica l’esistenza di un vincolo di destinazione al soddisfacimento di esigenze abitative che appare idoneo a individuare il termine implicito della durata del rapporto rientrando tale ipotesi nella previsione di cui all’articolo 1809 primo comma.

Successivamente, però, al termine del giudizio di separazione instauratosi tra Tizietto e Sempronia, il giudice ha assegnato l’immobile a Sempronia perché vi abiti insieme ai figli minori con affidamento congiunto anche a Tizietto.

A questo punto si pone il problema di capire se Tizio, proprietario dell’immobile, possa legittimamente pretendere da Sempronia la restituzione dello stesso. In altri termini, bisogna indagare se il provvedimento pronunciato dal giudice nel giudizio di separazione sia idoneo o meno a modificare la natura e il contenuto del titolo di godimento sull’immobile.

In relazione a quest’ultimo profilo specifico sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 13603 del 2004 hanno chiarito che quando il genitore di uno dei due coniugi abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprietà affinché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento, pronunciato nel giudizio di separazione o divorzio, di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni non modifica né la natura né il contenuto del titolo di godimento sull’immobile. Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione, idoneo ad escludere uno dei due coniugi dalla utilizzazione in atto e a concentrare il godimento del bene in favore della persona dell’assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato, il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento  per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno ai sensi dell’articolo 1809, secondo comma.

Quest’ultima fa riferimento alla necessità del comodante, su cui gravano i relativi oneri probatori, di appagare impellenti esigenze personali e non a quella di procurarsi un utile, tramite una diversa opportunità di impiego del bene.

Ai sensi del secondo comma dell’articolo 1809, infatti, il bisogno che giustifica la richiesta del comodante non deve necessariamente essere grave ma deve essere imprevisto ed urgente.

Alla luce del quadro normativo ricostruito e della giurisprudenza di legittimità richiamata, si possono prospettare a Tizio tre scenari processuali differenti.

Il primo attiene alla possibilità di agire in giudizio al fine di ottenere, da parte di Sempronia, il rilascio dell’immobile sulla base di quanto stabilito dall’articolo 1809 primo comma del codice civile. Tale ipotesi si ritiene che sia difficilmente sostenibile in giudizio poiché vi è un provvedimento del giudice, pronunciato nel giudizio di separazione tra Tizietto e Sempronia, di assegnazione dell’immobile a quest’ultima affinché sia adibito a casa familiare insieme ai figli minori. L’ordinamento protegge in modo molto marcato il loro interesse a non veder modificato il contesto di vita familiare e a mantenerlo anche a seguito della separazione dei genitori. Pertanto, qualora fosse esperita un’azione di restituzione dell’immobile, sarebbe molto complessa da sostenere in giudizio.

Il secondo scenario prospettabile concerne la possibilità di ottenere la restituzione sulla base del sopravvenuto stato di necessità e di bisogno di cui all’articolo 1809 secondo comma.

Anche questo percorso risulta essere complesso poiché l’onere probatorio è a carico di Tizio e gli elementi che possono essere addotti devono essere molto forti e incisivi e devono rivestire una portata oggettiva.

Il terzo sentiero percorribile riguarda la possibilità per Tizio di agire in giudizio nei confronti di Sempronia quando i figli raggiungono la maggiore età e l’autosufficienza economica oppure Sempronia compie la scelta di trasferirsi con i figli in un altro immobile.

Questo scenario processuale avrebbe ragionevoli probabilità di essere accolto poiché in entrambi i casi verrebbe meno il vincolo di destinazione a casa familiare alla base del contratto di comodato concluso da Tizio in favore del figlio Tizietto.