Home Forum V e VI settimana di diritto civile Scelta del tema… Studio dell’obbligazione solidale. Regresso e surroga

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  • Maria R. Sodano
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    Cari Partecipanti al forum (dovreste essere Emilio, Alberto, Giovanni, Angelo, Barbara, Andrea, Agnese, Francesca,  Ilaria, Alessandro, Luigi) vi ho invitato al Forum dedicato alla quinta settimana di diritto civile e ho postato  in area riservata  la prima traccia delle dipense  (che vi manderò comunque  per  email insieme a tutto il gruppo), giurisprudenza della Cassazione e un approfondimento teorico.

    Vi sovrebbe servire per  studiare velocemente l’argomento e tentare di elaborare  delle osservazioni collettive .

    Ho lasciato volutamente fuori da ogni ricerca l’argomento della responsabilità civile da fatto illecito perchè spero che qualcuno di voi possa postare qualcosa nel forum e avviare una discussione.

    Conto  nei prossimi giorni di  avviare altre discussioni sulle altre tracce

    In serata cercherò di finere la correzione dei temi che mi avete mandato

    …. Intanto rispondetemi …

    Maria

    Traccia n. 1: Il candidato dopo aver illustrato i principi generali della responsabilità patrimoniale  per fatto illecito, esamini e dia concreta esemplificazione della regola della solidarietà passiva dei coautori dell’illecito con particolare riguardo ai rapporti fra l’azione di regresso e alla surrogazione legale ex art. 1203 c.c.

    Materiale n. 1

    L’obbligazione solidale:

    Art. 1292 c.c. L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione , in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri ; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

    L’obbligazione solidale da fatto illecito:

    Art. 2055 c.c. Se il fatto dannoso è imputabile a più persone , tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno . Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.

    Concorso del danneggiato:

    Arrt. 1227  Codice civile : Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza [1175, 2056]

     

    GIURISPRUDENZA IN TEMA DI SOLIDARIETA’ PASSIVA DA FATTO ILLECITO:

    Sez. 3, Sentenza n. 19492 del 21/09/2007 (Rv. 598979 – 01)

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – SENTENZA – Obbligazione solidale dal lato passivo – Giudicato di condanna di un coobbligato solidale in favore del terzo danneggiato – Giudizio di regresso nei confronti di altro coobbligato solidale estraneo all’altro giudizio – Efficacia – Condizioni – Fattispecie.

    Il principio secondo cui, qualora due giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., ai soggetti che siano posti in grado di intervenire nel processo. Tuttavia, la sentenza passata in giudicato può avere la efficacia riflessa di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale e tale efficacia indiretta può essere invocata da chiunque vi abbia interesse, spettando al giudice di merito esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto, anche in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa. (Nella fattispecie, in materia di responsabilità da fatto illecito imputabile a più persone, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva accolto la domanda di regresso proposta dal responsabile dell’illecito – già condannato in separato giudizio al risarcimento dei danni in favore del terzo – verso il coobbligato solidale rimasto estraneo al giudizio risarcitorio conclusosi con la condanna del terzo e, nell’affermare il principio precedentemente esaminato, ha anche considerato che, rispetto al giudicato intervenuto tra uno dei condebitori in solido e il creditore, non era intervenuta l’accettazione da parte dell’altro condebitore, con la conseguenza che trovava applicazione il principio dell’inapplicabilità del giudicato nel giudizio di regresso).

    Sez. L, Sentenza n. 11039 del 12/05/2006 (Rv. 589061 – 01)

     

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  219 LITISCONSORZIO (INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO)

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – LITISCONSORZIO (INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO) – Necessario – Tra più soggetti autori del danno – Sussistenza – Esclusione – Deroga – Presupposti – Rapporto di dipendenza o di pregiudizialità di una o più responsabilità rispetto a quelle degli altri codanneggianti ovvero imposizione “ex lege” del litisconsorzio – Fattispecie in tema di responsabilità solidale per infortunio sul lavoro.

    L’obbligazione risarcitoria – derivante da un fatto unico dannoso, imputabile a più persone – è solidale, non cumulativa, e, perciò, non dà luogo a litisconsorzio necessario passivo e non impone, di conseguenza, il “simultaneus processus”, incontrando tale regola una deroga, in via eccezionale, soltanto nel caso in cui la responsabilità, in capo ad uno dei danneggianti, sia in rapporto di dipendenza con la responsabilità di altri danneggianti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro stretta subordinazione, anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro, nonché nell’ipotesi in cui sia la legge stessa (come, ad esempio, secondo la previsione contenuta nell’art. 23 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), che – presupponendo, appunto, e derogando a detto principio – imponga esplicitamente, sempre in via eccezionale, il litisconsorzio necessario tra coobbligati solidali. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sul punto corretta la sentenza impugnata che, nell’ambito di una controversia relativa ad un infortunio sul lavoro, aveva escluso la sussistenza di una fattispecie di litisconsorzio necessario tra gli assunti responsabili proprio in virtù della mancata configurazione del richiamato rapporto di dipendenza ovvero di obiettiva interrelazione tra le posizioni dei diversi autori dell’illecito).

    Sez. 3, Sentenza n. 3533 del 14/02/2008 (Rv. 601762 – 01)

    COMPETENZA CIVILE – INCOMPETENZA – PER TERRITORIO – Obbligazione risarcitoria da unico fatto illecito imputabile a più persone – Responsabilità solidale – Configurabilità – Litisconsorzio necessario passivo – Esclusione – Eccezione di incompetenza territoriale formulata solo da alcuni dei convenuti coobbligati – Conseguenza – Efficacia di essa solo per le parti eccipienti – Sussistenza – Prosecuzione del processo dinanzi al giudice adito per le altre parti – Legittimità – Fattispecie.

    L’obbligazione risarcitoria derivante da un fatto dannoso imputabile a più persone è solidale, non comulativa, e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario, bensì a litisconsorzio facoltativo, per cui i vari rapporti processuali che si instaurano conservano la loro autonomia. Pertanto, in tale ipotesi, qualora l’eccezione di incompetenza territoriale venga sollevata soltanto da alcuno dei coobbligati, essa non spiega effetti a favore degli altri, nei confronti dei quali il giudizio può proseguire legittimamente dinnanzi al giudice adito (fattispecie in cui, in un giudizio risarcitorio intentato da un magistrato nei confronti di un componente della Guardia di finanza e del Ministero dell’Economia dal quale questi dipendeva, l’eccezione di incompetenza territoriale era stata sollevata tempestivamente soltanto dal primo, senza che, perciò, se ne fosse potuto avvalere anche il predetto Ministero).

    Sez. 3, Sentenza n. 4241 del 20/02/2013 (Rv. 626549 – 01)

    062 COSA GIUDICATA CIVILE  –  018 SOGGETTIVI (LIMITI RISPETTO A TERZI)

    COSA GIUDICATA CIVILE – LIMITI DEL GIUDICATO – SOGGETTIVI (LIMITI RISPETTO A TERZI) – Giudizi distinti relativi ad uno stesso rapporto giuridico – Assenza dei presupposti per l’efficacia riflessa del giudicato formatosi all’esito di uno di essi – Efficacia di prova o di elemento di prova della sentenza passata in giudicato – Sussistenza.

    La sentenza passata in giudicato, anche quando non possa avere l’effetto vincolante di cui all’art. 2909 cod. civ., può avere comunque l’efficacia riflessa di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale e tale efficacia indiretta può essere invocata da chiunque vi abbia interesse, spettando al giudice di merito esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto, anche in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa.

    Sez. 2 – , Ordinanza n. 22672 del 27/09/2017 (Rv. 645562 – 01)

    Presidente: MANNA FELICE.  Estensore: ANTONIO SCARPA.  Relatore: ANTONIO SCARPA.  P.M. IACOVIELLO FRANCESCO MAURO. (Conf.)

    Z. (BENETTI SERGIO) contro B. (GARGANI BENEDETTO)

    Rigetta, CORTE D’APPELLO VENEZIA, 16/04/2014

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  219 LITISCONSORZIO (INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO)

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETA’ – LITISCONSORZIO (INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO) Condebitori solidali – Transazione stipulata tra il creditore ed uno solo dei condebitori – Litisconsorzio necessario – Esclusione – Fondamento – Conseguenze.

    In tema di risarcimento danni, l’esistenza di un vincolo di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c. (nella specie, tra appaltatore e progettista) non genera un litisconsorzio necessario – avendo il creditore (nella specie, il committente) titolo per valersi per l’intero nei confronti di ciascuno dei debitori – con conseguente possibilità di scissione, anche in appello, del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi nei confronti di uno solo dei coobbligati. Pertanto, ove il giudice di prime cure abbia dichiarato estinto il giudizio tra il creditore ed uno dei condebitori solidali, per intervenuta transazione avente ad oggetto la sola quota del debito di quest’ultimo (nella specie, pari al 10%) ed abbia condannato l’altro debitore al risarcimento della rispettiva e residua quota-parte (pari, nella specie, al 90%), questi, nell’impugnare la decisione, deve estendere il contraddittorio nei confronti dell’altro originario convenuto solo ove intenda contestare il riparto di responsabilità così determinato, al fine di riproporre nei confronti dello stesso l’azione di regresso ex art. 2055, comma 2, c.c..

    Sez. 3, Sentenza n. 19492 del 21/09/2007 (Rv. 598978 – 01)

    Presidente: Di Nanni LF.  Estensore: Trifone F.  Relatore: Trifone F.  P.M. Apice U. (Diff.)

    Conzato (Iannetti ed altro) contro Nicoli (Piva ed altro)

    (Cassa con rinvio, App. Venezia, 8 Luglio 2002)

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  231 TRA CONDEBITORI

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – TRA CONDEBITORI – Esercizio dell’azione da parte del creditore nei confronti di uno solo dei condebitori – Ripartizione interna delle responsabilità tra i condebitori – Gravità delle rispettive colpe ed efficienza causale delle rispettive condotte – Pronuncia del giudice – Condizioni.

    La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà (quali, nella specie, i responsabili di un sinistro stradale nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti) può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e l’eventuale diseguale efficienza causale può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna dell’obbligazione passiva di risarcimento tra i corresponsabili. Conseguentemente, il giudice del merito adito dal danneggiato deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe e sull’efficienza causale delle rispettive condotte solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri o, comunque, in vista del regresso abbia chiesto tale accertamento ai fini della ripartizione interna, ovvero se il danneggiato abbia rinunciato alla parte del credito corrispondente al grado di responsabilità del coautore dell’illecito da lui non convenuto nel giudizio – rinuncia, peraltro, non ravvisabile nella sola circostanza di non avere agito anche contro quest’ultimo – o, infine, abbia rinunciato ad avvalersi della solidarietà nei confronti del corresponsabile convenuto.

     

    Sez. 1 – , Ordinanza n. 29352 del 14/11/2018 (Rv. 651582 – 01)

    Presidente: DE CHIARA CARLO.  Estensore: ANTONIO PIETRO LAMORGESE.  Relatore: ANTONIO PIETRO LAMORGESE.  P.M. SOLDI ANNA MARIA. (Conf.)

    D. (CARDELLI ALESSANDRO) contro B. (LEONI LUCIO)

    Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO ROMA, 25/11/2013

    152 RISARCIMENTO DEL DANNO  –  004 CONCORSO DEL FATTO COLPOSO DEL CREDITORE O DEL DANNEGGIATO

    RISARCIMENTO DEL DANNO – CONCORSO DEL FATTO COLPOSO DEL CREDITORE O DEL DANNEGGIATO RISARCIMENTO DEL DANNO – CONCORSO DEL FATTO COLPOSO DEL CREDITORE O DEL DANNEGGIATO – DIMINUZIONE DEL RISARCIMENTO – CONDIZIONI – Fattispecie.

    In tema di risarcimento del danno, perché possa farsi luogo alla diminuzione del ristoro per concorso del creditore nella produzione del danno medesimo, è necessario che costui sia tenuto, per legge, o per contratto o per generico dovere di correttezza, ad adottare un determinato comportamento, inerente all’esecuzione del rapporto obbligatorio e idoneo a circoscrivere, se non ad escludere, gli effetti pregiudizievoli dell’inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, ritenendo – diversamente dalla pronuncia di merito – che, a fronte dell’inadempimento di una banca dell’ordine impartito dai clienti, di vendita di azioni ad un prezzo specifico – stop order -, costoro non fossero gravati dall’obbligo di procedere comunque alla vendita al fine di ottenere un prezzo più prossimo a quello astrattamente ottenibile con l’ordine rimasto ineseguito).

    REGRESSO FRA OBBLIGATI SOLIDALI:

    Dispositivo dell’art. 1298 Codice civile:

    Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori (1), salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi (2).

    Dispositivo dell’art. 1299 Codice civile

    Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi [1203 n. 3] (1).Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento. La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione era stata assunta [1298] (2) (3). Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente (3).

    Giurisprudenza in tema di azione di regresso

    Sez. 3, Sentenza n. 20657 del 25/09/2009 (Rv. 610218 – 01)

    Presidente: Di Nanni LF.  Estensore: Amendola A.  Relatore: Amendola A.  P.M. Marinelli V. (Diff.)

    Benini (Scodellari ed altro) contro Com. Villafranca Di Verona (Sala ed altro)

    (Rigetta, Trib. Verona, 14/01/2005)

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  224 RAPPORTI INTERNI

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – RAPPORTI INTERNI – Sentenza di condanna di più debitori in solido – Impugnazione da parte di alcuni soltanto dei coobbligati – Riforma – Azione di ripetizione delle somme pagate, a titolo di regresso, per effetto della prima sentenza – Legittimazione passiva – Coobbligato adempiente – Esclusione – Creditori – Sussistenza.

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  178 RIPETIZIONE DI INDEBITO – IN GENERE

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – NASCENTI DALLA LEGGE – RIPETIZIONE DI INDEBITO – IN GENERE – Sentenza di condanna di più debitori in solido – Impugnazione da parte di alcuni soltanto dei coobbligati – Riforma – Azione di ripetizione delle somme pagate, a titolo di regresso, per effetto della prima sentenza – Legittimazione passiva – Coobbligato adempiente – Esclusione – Creditori – Sussistenza.

    In tema di obbligazioni solidali passive, il pagamento integrale da parte di uno dei coobbligati, ed il successivo esperimento da parte di quest’ultimo dell’azione di regresso nei confronti degli altri condebitori, determinano l’esaurimento del lato interno dell’obbligazione. Ne consegue che quando sia stata pronunciata sentenza di condanna in solido nei confronti di più debitori ed uno di questi, dopo avere rifuso la propria quota di obbligazione solidale ad altro condebitore in via di regresso ai sensi dell’art. 1299 cod. civ., impugni vittoriosamente la sentenza di condanna, ove intenda ottenere la restituzione della somma pagata a titolo di regresso deve agire non nei confronti del condebitore che l’ha materialmente ricevuta, ma nei confronti del creditore, a nulla rilevando che la suddetta sentenza di condanna sia passata in giudicato nei confronti di altri coobbligati non impugnanti.

    Sez. 3, Sentenza n. 18406 del 19/08/2009 (Rv. 609034 – 01)

    Presidente: Preden R.  Estensore: Amendola A.  Relatore: Amendola A.  P.M. Fucci C. (Conf.)

    Spettoli (Pancaldi ed altro) contro Orlando ed altri

    (Rigetta, App. Bologna, 26/05/2005)

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  224 RAPPORTI INTERNI

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – RAPPORTI INTERNI – Obbligazione solidale dal lato passivo – Azione di regresso – Limite costituito dalla parte di pertinenza del condebitore – Sussistenza – Esercizio congiunto da parte dei condebitori che abbiano pagato l’intero – Ammissibilità – Possibilità per il convenuto di proporre eccezioni – Limiti.

    In materia di obbligazione solidale, ciascun debitore può agire in regresso nei confronti dell’altro a condizione che l’importo azionato non ecceda la parte di pertinenza del condebitore nei confronti del quale l’azione viene esercitata; ne consegue che, ove tale limite venga rispettato, l’azione di regresso può essere esercitata anche congiuntamente da più debitori che abbiano pagato l’intero debito, senza che il convenuto possa opporre che uno di costoro ha pagato meno di quanto dovuto, poiché la ripartizione della somma cumulativamente azionata attiene ai rapporti interni tra condebitori.

    Sez. 3 – , Ordinanza n. 3404 del 13/02/2018 (Rv. 647599 – 01)

    Presidente: VIVALDI ROBERTA.  Estensore: LUIGI ALESSANDRO SCARANO.  Relatore: LUIGI ALESSANDRO SCARANO.  P.M. CARDINO ALBERTO. (Conf.)

    S. (GATTAFONI FERRUCCIO) contro P. (FALACE GIUSEPPE)

    Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO ANCONA, 08/10/2013

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  224 RAPPORTI INTERNI

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETA’ – RAPPORTI INTERNI Debito solidale – Pagamento parziale – Regresso – Sussistenza – Ragioni.

    In caso di parziale pagamento del debito solidale, il condebitore solvente, ove la somma pagata ecceda la sua quota nei rapporti interni, può esperire l’azione di regresso ex art. 1299 c.c. nei confronti degli altri condebitori e nei limiti di tale eccedenza, atteso che la ripartizione della somma cumulativamente azionata attiene ai rapporti interni tra condebitori e che assume rilievo, al riguardo, il depauperamento del suo patrimonio oltre il dovuto ed il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori.

    LA SURROGAZIONE LEGALE

    Dispositivo dell’art. 1203 Codice civile

    La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:

    1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi, del suo pegno o delle sue ipoteche (1

    2) a vantaggio dell’acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno o più creditori a favore dei quali l’immobile è ipotecato [2866] (2);

    3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo [754, 1292, 1299, 1949, 1950] (3);

    4) a vantaggio dell’erede con beneficio d’inventario, che paga con danaro proprio i debiti ereditari [490 n. 2] (4);

    5) negli altri casi stabiliti dalla legge [756, 1259, 1762, 1776, 1780, 1796, 1916, 2036, 2038, 2856, 2866, 2869, 2871] (5).

    Giurisprudenza in tema di surrogazione legale

    Sez. 3, Sentenza n. 4507 del 28/03/2001 (Rv. 545261 – 01)

    Presidente: Favara F.  Estensore: Trifone F.  P.M. Marinelli V. (Conf.)

    Saponaro (La Malfa) contro Casaroli Walter (Smiroldo ed altri)

    (Rigetta, App. Bologna, 16 aprile 1997).

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  225 REGRESSO

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – SOLIDARIETÀ – REGRESSO – Azione di regresso tra condebitori – Fondamento – Diritto di surrogazione legale in base all’art. 1203 n.3 cod. civ. – Conseguenze – Eccezioni opponibili dal condebitore escusso – Prescrizione dell’azione – Decorrenza.

    Nell’azione di regresso fra condebitori, prevista dall’art. 1299 cod. civ., il debitore che ha adempiuto il debito comune fa valere il suo diritto alla surrogazione legale a norma dell’art. 1203 n. 3 cod. civ., con la conseguenza che diventano a lui opponibili non solo le eccezioni relative al rapporto interno di solidarietà, ma anche quelle opponibili al creditore in solido, relative a limitazioni, decadenze e prescrizioni inerenti al diritto che ha formato oggetto di surrogazione. In tale azione, inoltre, il termine d’inizio della prescrizione coincide con quello in cui il debitore in solido abbia adempiuto l’intera obbligazione.

    Sez. 3 – , Sentenza n. 930 del 17/01/2017 (Rv. 642701 – 01)

    Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA.  Estensore: LINA RUBINO.  Relatore: LINA RUBINO.  P.M. SERVELLO GIANFRANCO. (Conf.)

    F. (_) contro R.

    Rigetta, CORTE D’APPELLO TRIESTE, 31/10/2013

    018 ASSICURAZIONE  –  162 FONDO DI GARANZIA PER LE VITTIME DELLA STRADA – IN GENERE

    ASSICURAZIONE – VEICOLI (CIRCOLAZIONE-ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA) – RISARCIMENTO DEL DANNO – FONDO DI GARANZIA PER LE VITTIME DELLA STRADA – IN GENERE Impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada .Azione ex art. 29, comma 1, l. 990 del 1969 (applicabile ratione temporis)  Prescrizione  Ordinaria decennale  Necessità  Fondamento.

    In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, l’azione di regresso prevista dall?art. 29, comma 1, della l. n. 990 del 1969 (applicabile “ratione temporis”) è accordata all’impresa designata direttamente dalla legge, in via autonoma rispetto al diritto del danneggiato, ed è pertanto soggetta non già al termine di prescrizione biennale applicabile all?azione risarcitoria a quest’ultimo spettante, ma al termine di prescrizione decennale; tale azione, infatti, si differenzia da quella prevista dal comma 2 del medesimo art. 29, in cui l’impresa designata agisce in surroga dei diritti dell’assicurato e del danneggiato, la quale è, invece, riconducibile alla surrogazione legale di cui all?art. 1203, n. 5, c.c., ed è conseguentemente soggetta al termine breve di prescrizione previsto, rispettivamente, per l’esercizio dei diritti risarcitori o di quelli derivanti dal contratto di assicurazione verso l’impresa posta in liquidazione coatta, salvo il caso di pagamento avvenuto a seguito di giudizio definito con sentenza di condanna, cui si applica l?art. 2953 c.c..

    Sez. 3, Sentenza n. 7019 del 07/07/1999 (Rv. 528351 – 01)

    Presidente: Giuliano A.  Estensore: Limongelli A.  P.M. Leo A. (Conf.)

    Piva (Boccardi) contro Tirrena Comp. Assic. SpA in L.C.A. (Bernardini)

    (Rigetta, App. Bologna, 5 luglio 1996).

    148 RESPONSABILITA’ CIVILE  –  078 REGRESSO

    RESPONSABILITÀ CIVILE – SOLIDARIETÀ – REGRESSO – Responsabilità civile da circolazione dei veicoli – Relativa obbligazione risarcitoria verso il danneggiato – Solidarietà fra responsabile assicurato ed assicuratore – Natura – Ragioni – Esistenza di altri corresponsabili – Estinzione mediante pagamento del credito del danneggiato da parte di un corresponsabile – Domanda di regresso di costui nei riguardi del corresponsabile assicurato – Ammissibilità – Sussistenza – Domanda di regresso contro l’assicuratore – Sussistenza – Esclusione – Ragioni.

    113 OBBLIGAZIONI IN GENERE  –  058 LEGALE

    OBBLIGAZIONI IN GENERE – ADEMPIMENTO – PAGAMENTO – SURROGAZIONE – LEGALE – Responsabilità civile da circolazione dei veicoli – Relativa obbligazione risarcitoria verso il danneggiato – Solidarietà fra responsabile assicurato ed assicuratore – Estinzione mediante pagamento del credito del danneggiato da parte di un corresponsabile – Domanda di regresso di costui nei riguardi del corresponsabile assicurato – Ammissibilità – Sussistenza – Domanda di regresso contro l’assicuratore – Sussistenza – Esclusione – Ragioni.

    La solidarietà che, in forza dell’art. 18 della l. 24 dicembre 1990 n. 990, vincola il responsabile -assicurato ed il suo assicuratore nei confronti del danneggiato dipende esclusivamente dall’attribuzione “ex lege” allo stesso danneggiato, in deroga ai principi che regolano l’assicurazione per la responsabilità civile, dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore e si caratterizza come un’ipotesi di solidarietà atipica “ad interesse unisoggettivo”, stante la diversità dei titoli per cui sono tenuti verso il danneggiato il responsabile e l’assicuratore, il primo obbligato “ex delicto”, il secondo obbligato “ex lege”. Ne discende che detta solidarietà, non essendo configurabile oltre i limiti della espressa previsione legislativa, deve ritenersi operante soltanto in favore del danneggiato, del quale rafforza la tutela, e non anche nei rapporti tra l’assicurato responsabile e gli altri soggetti con il medesimo coobbligati in quanto anch’essi responsabili del danno, con la conseguenza che, qualora uno di tali coobbligati risarcisca il danneggiato estinguendone il credito risarcitorio, l’azione di regresso resta da lui proponibile nei confronti del coobbligato assicurato e non anche nei confronti del suo assicuratore.

    Sez. 5, Sentenza n. 8304 del 04/04/2013 (Rv. 626206 – 01)

    Presidente: Adamo M.  Estensore: Terrusi F.  Relatore: Terrusi F.  P.M. Del Core S. (Diff.)

    Frattasio (Omenetto ed altro) contro Agenzia Entrate Udine (Avv. Gen. Stato)

    (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Trieste, 23/02/2006)

    279 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI (RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972)  –  221 SUBINGRESSO NELLE AZIONI E NEI PRIVILEGI DELL’AMMINISTRAZIONE

    TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI (RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972) – IMPOSTA DI REGISTRO – RISCOSSIONE DELL’IMPOSTA – SUBINGRESSO NELLE AZIONI E NEI PRIVILEGI DELL’AMMINISTRAZIONE – Notaio – Solidarietà per il pagamento dell’imposta – Pagamento – Surrogazione nei confronti delle parti – Aumento di capitale di società poi fallita – Impossibilità di esercitare la rivalsa – Questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986 – Manifesta infondatezza – Fondamento – Coerenza con il diritto comunitario – Mera “quaestio facti” dell’insolvenza dello specifico debitore.

    È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – espressione del principio di solidarietà del notaio con le parti per il pagamento dell’imposta proporzionale di registro su atto soggetto ad omologazione – per presunta irragionevolezza della stessa, laddove, nelle more del giudizio, la società sia stata dichiarata fallita ed il fallimento sia stato chiuso per insufficienza dell’attivo, con la conseguenza che il notaio rogante l’atto (nella specie, aumento del capitale) non avrebbe alcuna concreta possibilità di rivalsa; l’art. 58 del d.P.R. cit. prevede infatti il diritto di surrogazione legale del notaio che abbia pagato l’imposta per tutte le ragioni, azioni e privilegi spettanti all’amministrazione finanziaria, trattandosi da una parte, di disciplina complessiva coerente con la sentenza della Corte di giustizia UE 1° luglio 2010, C-35/09, secondo cui l’art. 4 della direttiva CEE del Consiglio 17 luglio 1969, n. 335, non osta a che uno Stato membro preveda la responsabilità solidale del pubblico ufficiale che ha redatto o ricevuto un atto purché detto pubblico ufficiale disponga del potere di esercitare l’azione di regresso e, dall’altra, di mera “quaestio facti” – l’insolvenza dello specifico debitore – che, come tale, non può avere ingresso in un giudizio di costituzionalità.

    Approfondimento teorico: 

    UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE GIURIDICHE
    Estratto da: “LA SURROGAZIONE E REGRESSO TRA DIRITTO GENERALE DELLE OBBLIGAZIONI ESOLIDARIETA’ FIDEIUSSORIA”
    Aurora Torelli

    IL DIRITTO DI REGRESSO:

    SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il diritto di regresso nel sistema del diritto romano: l’eccezionalità della correalità rispetto al principio generale della divisibilità delle obbligazion – 2.1. L’Actio pro socio, l’actio mandati contraria e l’actio negotiorum gestorum – 3. La rinascita del diritto romano ad opera dei glossatori e il diritto comune – 4. Il diritto di regresso nelle codificazioni moderne e le reazioni della dottrina civilistica

    1. Premessa

    L’aspetto che più di altri vale, da sempre, a caratterizzare il peculiare meccanismo delle obbligazioni solidali è rappresentato dalla regolamentazione dei rapporti interni tra condebitori solidali attraverso il ricorso allo strumento del diritto di regresso fra le parti di un’obbligazione contratta in solidum. Si tratta di una questione che investe tanto il fenomeno della solidarietà attiva quanto, soprattutto, quello della solidarietà passiva all’interno della quale si colloca, poi, la particolare figura della fideiussione con il diritto di regresso spettante al garante nel caso in cui abbia soddisfatto il creditore sostituendosi al debitore principale. Già in diritto romano la teoria del regresso nelle obbligazioni correali fu un argomento di vive controversie e sottili distinzioni41, ma la situazi non cambiò in modo sostanziale nel periodo del diritto comune e della rinnovata scuola successiva quando, prima che il senso di equità insito nel diritto di regresso nei rapporti tra correi si facesse strada tra gli studiosi de  diritto, con l’affermarsi del regresso quale principio fondamentale nei rapporti tra correi, la maggior parte dei teorici e dei pratici, ne negavano l’esistenza argomentando ora dalla mancanza delle fonti e del nessun accenno in esse di un’azione atta a farlo valere ora, invece, dalla natura giuridica della correalità, in virtù della quale, con l’eseguirsi della prestazione dedotta nell’obbligazione, si sarebbe senz’altro risolto ogni vincolo tra i correi.

    2. Il diritto di regresso nel sistema del diritto romano: l’eccezionalità della correalità rispetto al principio generale della divisibilità delle obbligazioni.

    Per poter comprendere l’origine dell’istituto del regresso nel sistema del diritto romano occorre muovere da un presupposto essenziale, valevole come principio generale, e cioè quello in virtù del quale la correalità non dava di per sé alcun diritto al debitore, adempiente per l’intero, di pretendere un rimborso qualsiasi dagli altri correi. Nonostante detto principio venisse modificato, nella pratica, dalle relazioni contrattuali o quasi contrattuali dei correi tra loro – attraverso le quali, o con l’azione di società, o con l’azione communi dividundo, o con l’azione familiae erciscundae, si poteva ottenere quel ricorso invano domandato alla correalità – restava fermo il principio fondamentale di lasciare il correo adempiente privo di qualsiasi strumento che gli consentisse di potersi rivolgere contro gli altri coobbligati in caso di adempimento per l’intero.  L’indiscutibilità di questo assunto di base, motivato dai più in ragione dell’avversione sistematica da parte del diritto romano nei confronti della formulazione di massime generiche, si scontra, tuttavia, con la previsione di una serie di norme che testimoniano come il problema relativo al lato interno della correalità costituisse tutt’altro che un argomento estraneo all’interesse dei giureconsulti romani. Questi ultimi, infatti, lungi dal disinteressarsi dell’aspetto fondamentale delle obbligazioni con pluralità di soggetti, riconobbero la varietà e la molteplicità delle relazioni giuridiche esistenti tra i condebitori correali – difficilmente riconducibili ad unità – e si orientarono nel senso di dare all’istituto del regresso un’entità diversa, commisurata, volta per olta, all’indole del rapporto cui accede. Non si aveva quindi un puro diritto astratto privo della dovuta tutela da parte della legge e degli strumenti necessari per farlo valere ma, al contrario, un preciso diritto da far valere attraverso le azioni nascenti dagli speciali rapporti tra correi e, in assenza di specifiche azioni, mediante il ricorso alle azioni nascenti dagli istituti fondamentali dell’indebito arricchimento, della società e della gestione di affari altrui .

    Il riconoscimento del diritto di regresso nell’ambito della fidepromissio e, successivamente, della fideiussio, in assenza di un’azione specifica da far valere, restava, invece, affidata agli interpreti e ai pratici del diritto. La soluzione adottata dalla giurisprudenza romana per queste due forme di garanzia, ma estesa anche alla sponsio, dove, come detto, il garante poteva usufruire anche dell’actio depensi, fu quella di non riconoscere un regresso legale al garante che avesse adempiuto al posto del debitore principale, ma al contrario, di ricondurre la disciplina di questa fattispecie ai principi che regolavano la gestione dei negozi. In particolare si riteneva che se la garanzia fosse stata assunta su incarico del debitore principale, il garante avrebbe potuto esperire, come azione di regresso, l’actio mandati contraria; in caso di assenza di incarico e semprechè non sussistessero fatti che potessero escludere del tutto la possibilità di regresso, invece, al garante era riconosciuta la facoltà di agire allo stesso fine esperendo l’actio negotiorum gestorum contraria.

    Per quanto concerne i singoli strumenti che, a seconda delle relazioni tra le parti, potevano consentire al condebitore di agire per il rimborso di quanto pagato, l’attenzione si concentra essenzialmente sulle diverse azioni che per lungo tempo hanno costituito il fondamento principale nella ricostruzione giuridica della teoria del regresso, vale a dire, l’actio pro socio, sul presupposto di un contratto di società tra le parti, l’actio mandati contraria in caso di pagamento su incarico, ordine o preghiera del debitore e l’actio negotiorum gestorum nell’ipotesi di gestione di un affare altrui.

    Lo strumento più diffuso era sicuramente l’actio pro socio è cioè l’azione che rinveniva il proprio fondamento nell’esistenza di un vincolo solidale tra le parti, in ragione di un contratto di società stipulato tra le stesse Quando più persone, infatti, legate da un rapporto di società, si vedevano indotte a contrarre un debito in solidum, ed una di esse pagava poi il debito nella sua totalità, poteva pretendere, ricorrendo all’actio pro socio, che le altre la rilevassero in proporzione delle loro quote. Lo stesso avveniva quando le stesse costituivano, in relazione al vincolo di società, un’obbligazione correale attiva, ed una di esse riscuoteva l’intero credito, giacché era tenuta a versare il credito esatto nella cassa sociale, oppure a dividerlo con gli altri. Tale ipotesi di rimborso non ha mai costituito oggetto di discussioni, neppure tra i più acerrimi avversari del diritto di regresso, i quali, riconducendone il fondamento nei principi più generali in materia di società (non già nelle regole della correalità), l’hanno sempre considerata l’unica ipotesi ammissibile di rivalsa tra correi. Ogniqualvolta non fosse possibile ricorrere all’actio pro socio, in assenza di un preciso rapporto di società tra i condebitori, per i giuristi romani il rimedio alternativo era rappresentato dall’actio mandati contraria, sul presupposto che tra le parti fosse intercorso un mandato reciproco per la conclusione del contratto comune. In particolare, l’actio mandati presupponeva la concessione di una sorta di fideiussione reciproca tra i condebitori correali in base alla quale il soggetto convenuto per il pagamento dell’intero poteva esperire tale azione al fine di recuperare quanto prestato. A tal fine il rapporto di base poteva assumere due diverse connotazioni. Quella della correalità con espressa e formale prestazione di garanzia tra condebitori, da cui discendeva l’esistenza di due distinti contratti con il creditore aventi rispettivamente ad oggetto il vincolo correale e la specifica garanzia; quella della correalità con implicita garanzia reciproca su cui fondare l’azione di regresso attraverso l’actio mandati. Sia in un caso che nell’altro al creditore spettava la facoltà di agire nei confronti di uno dei condebitori per l’intero, sulla base della correalità e al condebitore convenuto la possibilità, a sua volta, di agire in regresso facendo valere la garanzia implicita o espressa a seconda dei casi. Un’ulteriore azione era rappresentata dall’actio negotiorum gestorum la quale rinveniva il proprio fondamento nelle logiche sottese alla gestione di un affare altrui rapportata all’alienità della parte di debito soddisfatta dal condebitore solidale in eccedenza rispetto alla propria. Ed invero, se uno dei condebitori correali pagava l’intero debito, tale pagamento liberava anche l’altro condebitore nei limiti della propria parte di debito e ciò determinava da parte del solvens l’aver gestito utilmente un affare altrui per il quale si rendeva necessario il recupero di un indennizzo commisurato alla somma sborsata.

    3. La rinascita del diritto romano ad opera dei glossatori e il diritto comune

    Benché la scienza giuridica romana avesse dato prova, come visto, di aver intuito l’essenzialità dei meccanismi del diritto di regresso – pur perseguendone il suo fine ultimo senza fissarne un tipo giuridico unico – il problema della regolamentazione dei rapporti interni tra condebitori solidali continuò ad assillare i più attenti commentatori i quali, avvertiti i limiti del sistema precedente – dettati dall’erronea considerazione del regresso quale fattispecie estranea alle regole della correalità – si arrovellarono nel tentativo di porvi rimedio cotruendo un meccanismo in cui il diritto di regresso, come autonomo strumento giuridico, potesse rinvenire il proprio fondamento nelle logiche della solidarietà senza dover necessariamente ricorrerre ad azioni esterne ad essa. Quando il diritto romano riprese vigore dopo gli studi dei glossatori, il senso di equità si fece strada tra gli studiosi del diritto ed impedì che i principi dominanti tra i giureconsulti romani tornassero in vita, per cui, sia pure gradualmente, si cominciò ad insegnare che il regresso fra correi dovesse, o per una ragione o per l’altra, aver luogo sempre e che le quote di debito, salvo prova contraria, dovessero ritenersi uguali tra loro.

    Tale principio, poi consacrato, come è noto, nelle codificazioni moderne, generò nella dottrina giuridica dell’epoca, le più disparate reazioni. Da una parte si ponevano coloro che negavano categoricamente ogni azione di regresso argomentando ora dalla mancanza delle fonti e del nessun accenno in esse ad un’azione atta a farlo valere, ora dalla natura giuridica stessa della correalità, per cui con l’esecuzione della prestazione dedotta nell’obbligazione, si risolverebbe senz’altro ogni vincolo tra i correi (supra, § 1), dall’altra, invece, quanti ritenevano, in un’ottica diametralmente opposta, che il diritto di regresso, in ragione della sua funzione equitativa di ripristino della naturale regola della divisibilità delle obbligazioni, fosse insito nella natura stessa delle obbligazioni contratte in solidum.

    Tra coloro che l’ammisero, in un primo momento, vi fu chi ritenne di dover ancorare saldamente il fondamento del diritto di regresso al singolo rapporto giuridico e alle azioni ad esso connesse, tra le quali spiccavano quelle ereditate dal diritto romano – in particolare l’actio negotiorum gestorum, l’actio de in rem verso, o, ancora, l’actio pro socio – successivamente, specie in seguito al sopravvento preso nella dottrina dalla teorica del Keller e del Ribbentrop sull’unicità dell’obbligazione solidale, in virtù della quale il debitore che paga soddisfa un’obbligazione sua propria, anche le azioni cui si è accennato vennero rifiutate sostenendosi, in particolare, che non si potesse più trattare di un’actio negotiorum gestorum, la quale richiede, appunto, che si sia gestito un affare altrui, non più di un’actio de in rem verso, la quale presuppone un arricchimento del convenuto, né, infine, di un’actio pro socio, perché questa, indipendentemente dalla solidarietà, esisterà o meno a seconda che tra i condebitori sia intervenuto o no un contratto di società.

    Dopo il graduale abbandono del sistema tramandato dal diritto romano, gli studiosi del diritto cominciarono, quindi, ad insegnare, in materia di solidarietà, il principio della ripartizione interna dell’obbligazione per quote – uguali, salvo prova contraria – cui ricondurre la facoltà concessa al debitore solidale convenuto per il pagamento dell’intero di poter agire in regresso contro gli altri condebitori per il recupero di quanto pagato in eccedenza rispetto alla propria quota di debito. La nuova regola, ormai assunta in dottrina, venne successivamente accettata dalla giurisprudenza – che, nelle sue decisioni, non si rifiutò quasi mai di applicarla – ma soprattutto dai compilatori del codice ai quali spettò il compito di consacrare in legge il diritto di regresso dettandone una regolamentazione espressa attraverso delle precise formule positive. Ciò venne realizzato dapprima dal codice Napoleone (art. 1213) e successivamente dal codice civile italiano (art. 1198) ove, facendosi propri i risultati raggiunti sul piano pratico, si statuì la regola secondo cui l’obbligazione contratta in solido verso il creditore si divide di diritto fra i debitori, ciascuno dei quali resta obbligato nei confronti degli altri per la propria parte di debito. Si introdusse, così, il principio in virtù del quale l’obbligazione è solidale nei rapporti tra creditore e debitori ed è pro rata nelle relazioni interne.

    Il  SISTEMA DEL CODICE VIGENTE

    SOMMARIO: 1. Necessità di indagini separate per il regresso e la surrogazione del coobbligato solidale e per gli stessi rimedi spettanti al fideiussore solidale – 2. Le obbligazioni soggettivamente complesse. La solidarietà e la funzione di rafforzamento del credito – 3. I rapporti interni tra condebitori solidali e il loro fondamento – 4. Nozione e fondamento del diritto di regresso – 5. Presupposti dell’azione di regresso – 6. “Misura” ed oggetto del diritto di regresso – 7. La disciplina delle eccezioni e della prescrizione – 8. La surroga del condebitore adempiente come ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 n. 3 c.c. – 9. La natura del pagamento surrogatorio – 10. Aspetti generali della surrogazione legale e tratti tipici dell’ipotesi normativa prevista al n. 3 dell’art. 1203 c.c. – 11. La disciplina della surrogazione: gli effetti e le eccezioni opponibili.

    1. Necessità di indagini separate per il regresso e la surrogazione del coobbligato solidale e per gli stessi rimedi spettanti

    Per una necessità di metodo, si è finora proceduto ad una ricognizione storica degli istituti muovendo dagli elementi tramandati dal diritto romano e dal loro successivo sviluppo in diritto comune, per giungere alla traduzione di quei principi equitativi, prevalentemente elaborati in sede dottrinale, in disposizioni legislative ad opera delle legislazioni moderne e dei codici dell’età liberale. Ne è emersa, in modo abbastanza evidente, l’origine autonoma della surrogazione e del regresso cui, nel successivo sviluppo, si è sostituito un progressivo avvicinamento dei due istituti in ragione del graduale venir meno dell’autonomo fondamento giuridico delle rispettive azioni. 49 Ora, se si vuole uscire dall’impasse e fondare le linee ricostruttive dommaticamente convincenti per la soluzione dello spinoso problema oggetto di questo lavoro, è necessario compiere un passo in avanti e sottoporre ad un’attenta riflessone la configurazione teorica e la disciplina positiva delle azioni di regresso e in surrogazione così come attribuite dall’ordinamento vigente al coobbligato solidale.Tale indagine deve necessariamente, e sin dall’inizio, svilupparsi secondo due distinte e particolari linee direttrici: da un lato l’azione di regresso di cui all’art. 1299 c.c. e quella di surrogazione di cui all’art. 1203 n. 3 c.c., concesse in via generale al coobbligato solidale, dall’altro le corrispondenti azioni di cui agli artt. 1949 e 1950 c.c., attribuite dalla legge ad un particolare coobbligato solidale: il fideiussore tenuto in solido con il debitore principale all’adempimento del debito. Si tratta di un’impostazione che oltre a trovar conforto, sul piano normativo, nella presenza di autonome e distinte disposizioni legislative, che già di per sé, forse, ne imporrebbero una trattazione parallela, trova conforto, altresì, sul piano sistematico, in ciò che la dottrina moderna è ormai quasi unanimemente concorde nell’affermare e cioè la presenza nel nostro ordinamento di due distinti tipi di solidarietà passiva non assoggettabili a disciplina unitaria: una solidarietà ad interesse comune ed una solidarietà disuguale nell’interesse esclusivo di uno dei coobbligati, da molti definita in termini di “solidarietà disuguale”

    Tale scenario, per il quale la dottrina propone, non arbitrariamente, una «bipartizione normativa» fondata essenzialmente sulla diversa configurazione degli interessi in gioco e, di riflesso, sulla diversa funzione perseguita dal legislatore (o dall’autonomia negoziale) nel disporre il carattere solidale dell’obbligazione con pluralità di debitori, trova conferma soprattutto nella solidarietà fideiussoria la quale, come solidarietà del tutto impropria – rispondente sì allo schema astratto della solidarietà ma riproducente di quella vera e propria solo il dato più immediato e cioè quello esterno – si caratterizza altresì per la presenza dominante e particolarmente incisiva di un favor fideiussoris ispiratore della complessiva disciplina, ma più che mai evidente nelle specifiche previsioni normative relative alla disciplina dei rapporti interni tra fideiussore e debitore principale, ove si evidenzia chiaramente l’intento del legislatore di salvaguardare in ogni modo l’interesse del fideiussore di ripetere dal debitore principale quanto pagato, nell’interesse dello stesso debitore, al creditore.

    Tale favor, positivamente argomentabile, contribuisce a legittimare l’ipotesi di lavoro che le azioni di regresso e in surrogazione spettanti al coobbligato solidale privo di interesse proprio siano sostanzialmente «altre», per caratteri e per finalità, rispetto a quelle spettanti al coobbligato solidale titolare di un interesse proprio.

    2. Le obbligazioni soggettivamente complesse. La solidarietà e la funzione di rafforzamento del credito.

    Benché, nella generalità dei casi, si sia soliti considerare i soggetti del rapporto obbligatorio nel modo più semplice, vale a dire riferendosi all’unico creditore cui si contrappone l’unico debitore, non si esclude che la varietà  delle relazioni che possono instaurarsi tra le parti di un rapporto di obbligazione, possa rendere questo rapporto maggiormente complesso sotto il profilo soggettivo, dando vita ad obbligazioni con pluralità di debitori e/o di creditori. Si tratta, secondo l’unanime dottrina, del fenomeno unitario delle obbligazioni soggettivamente complesse, le quali, pur non espressamente individuate dal legislatore, si ritiene si caratterizzino essenzialmente per la presenza di tre requisiti.

    Anzitutto in esse interviene, come accennato, la pluralità di soggetti dalla medesima parte del rapporto; in secondo luogo la prestazione si pone come intrinsecamente ed originariamente unica, identica (non semplicemente uguale) per tutti i più debitori o creditori, salvo le modifiche che su di essa possono derivare dal fatto che vi intervengono più soggetti dalla medesima parte (eadem res debita); infine sussiste l’eadem causa obligandi e cioè l’unità del fatto generatore dell’obbligazione di modo che l’identica prestazione, pur gravando contemporaneamente su più soggetti, sia consapevolmente rivolta ad appagare l’identico interesse.

    La nozione di solidarietà che, secondo alcuni, costituisce l’aspetto più importante e al tempo stesso più problematico della pluralità dei soggetti dell’obbligazione, è fornita, in modo sufficientemente chiaro, dall’art. 1292 c.c. Da tale nozione risulta che la solidarietà dà luogo ad un particolare atteggiamento dell’obbligazione, quando la prestazione cui ciascuno dei (più) debitori è tenuto, non solo è identica, ma costituisce altresì la comune prestazione, con la conseguenza che l’adempimento di uno solo estingue il vincolo rispetto a tutti (obbligazione solidale passiva); o quando ciascuno dei (più) creditori ha diritto verso l’unico debitore ad un’identica e comune prestazione, di guisa che il debitore è liberato quando ha adempiuto nei confronti di uno qualunque dei creditori (obbligazione solidale attiva)

    All’interno della categoria della solidarietà in senso lato, poi, si distinguono tre figure:

    • solidarietà in senso stretto, contratta nell’interesse di tutti, a ciascuno dei quali fa capo un proprio rapporto obbligatorio e perciò i rapporti interni reagiscono sull’obbligazione;
    • solidarietà diseguale, contratta nell’interesse di uno, e perciò il vincolo solidale di quest’ultimo può determinare la sorte dell’obbligazione dell’altro, ma non viceversa;
    • (solidarietà) correalità, contratta nell’interesse di tutti ma con instaurazione di un vincolo unico a più soggetti, perciò il contegno di ciascuno influisce sulla posizione debitoria (o creditoria) degli altri.

    Ed invero, oltre a realizzare il rafforzamento del credito mediante la semplificazione delle operazioni materiali di riscossione – consentendo, infatti, al creditore di esigere l’intero da un solo debitore – il meccanismo della solidarietà passiva fa sì che si aggiunga alla quota del debitore, o meglio a quella che sarebbe stata la quota del debitore senza solidarietà, la garanzia costituita dai patrimoni di tutti gli altri condebitori. Detta funzione si rileva soprattutto nelle obbligazioni solidali che rispondono all’interesse esclusivo di un solo debitore, ove, in misura ancora più evidente, si aggiunge la responsabilità patrimoniale di un secondo obbligato che, in caso contrario, sarebbe stato del tutto estraneo al rapporto, non essendo tenuto neanche per una quota.

    3. I rapporti interni tra condebitori solidali e il loro fondamento

    Una riflessione completa ed esaustiva sulla disciplina della solidarietà e sulle questioni teoriche ad essa connesse, condurrebbe, data l’ampiezza della materia, ad un risultato che andrebbe ben oltre le finalità di questa indagine, la quale, intende esaminare, della solidarietà, soltanto la disciplina dei rapporti interni tra condebitori solidali. Senza alcuna pretesa di voler esaurire, in questa sede, l’illustrazione della disciplina della solidarietà, dunque, l’attenzione si soffermerà su uno degli aspetti più discussi e complessi in materia di obbligazioni solidali, all’interno del quale si colloca la problematica del diritto  di regresso e, sia pure non espressamente, quella del subingresso del condebitore solvente nelle ragioni e nei diritti spettanti al creditore soddisfatto.

    Si è soliti affermare che l’obbligazione solidale sia un tipo di obbligazione “bifronte”, e cioè un obbligazione che, nel suo espetto funzionale, passa attraverso due fasi successive: una fase esterna relativa ai rapporti tra soggetti attivi e passivi, in cui ad essere tutelato è l’interesse comune, e un’ulteriore fase interna, nel seno del gruppo, all’interno della quale ciò che rileva è, invece, l’interesse individuale dei singoli partecipanti al gruppo.

    Come è noto, infatti, definita la fase relativa ai rapporti esterni, attraverso il pagamento dell’intera prestazione e la liberazione dei debitori nei confronti del creditore (o del debitore nei confronti dei creditori), non sempre si verifica, nei rapporti interni, l’estinzione dell’obbligazione, nel senso che pur venendo meno l’obbligazione attiva o passiva del gruppo solidale verso un soggetto contrapposto, nella maggior parte dei casi, si apre una successiva fase – alla quale sono dedicati gli artt. 1298 e 1299 c.c. – in cui ciò che rileva è la regolamentazione dei rapporti tra i soggetti del gruppo solidale, di modo che ciascuno sopporti quella parte di prestazione che gli sarebbe spettata in mancanza della solidarietà. Eccezion fatta per il caso in cui l’obbligazione solidale sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno dei condebitori, il legislatore ha previsto espressamente che nei rapporti interni l’obbligazione si divida, presuntivamente in parti uguali, tra i vari consorti, sicché, mentre verso il creditore ogni debitore è tenuto per l’intero – secondo le regole proprie della solidarietà –, nei rapporti interni a ciascuno compete una parte soltanto della prestazione oggetto dell’obbligazione solidale. Nonostante nella maggior parte dei casi si sia tentato di ravvisare la ratio dell’istituto del regresso e, ancor prima, della più generale logica sottesa alle regole relative ai rapporti interni tra coobbligati, in una reazione ad un arricchimento ingiustificato80 – nella solidarietà passiva tale arricchimento consisterebbe nella liberazione dei consorti del solvens dall’obbligazione – nondimeno ci si è resi conto della insufficienza di tale principio a poter illuminare adeguatamente il fondamento funzionale dei meccanismi in esame, per cui si è cercata una spiegazione che sposti l’attenzione dal principio economico dell’arricchimento ad un’analisi proprio dei rapporti tra «lato interno» e «lato esterno» della solidarietà.

    La solidarietà è una sovrastruttura creata nell’interesse del creditore per cui, secondo alcuni, va da sé che quando tale interesse non sia più in gioco, e cioè nei rapporti interni tra condebitori o concreditori, si ritorni a quello che sarebbe stato l’assetto naturale rappresentato dal trattamento parziario per i singoli consorti. La legge stessa, infatti, nel sancire la regola della divisione realizzata attraverso lo strumento del regresso, si ritiene tenga bene a mente che se non fosse stato per l’esigenza di una più energica tutela del creditore, che ha portato a configurare il rapporto in termini di solidarietà, si sarebbero avute non solo tante singole obbligazioni quanti sono i singoli consorti, ma ognuna con un oggetto limitato ad una parte di quello che è l’oggetto unico dell’obbligazione solidale; e pertanto, allorché quell’esigenza di tutela del creditore non entra più in gioco, cioè nei rapporti interni, e talvolta anche nei rapporti esterni, quando porterebbe a risultati eccessivi ed ingiustificati, la stessa legge fa sì che le conseguenze dei vari fatti incidenti sull’obbligazione,  si verifichino per ciascun consorte in misura pari a quello che sarebbe stato l’oggetto dell’obbligazione di ciascuno se l’obbligazione stessa fosse stata parziaria. Nello stesso senso si esprime un’altra parte della dottrina la quale, sempre per spiegare il fondamento dei principi affidati agli artt. 1298 e 1299 c.c., ricorre ad un espressione figurativa attraverso la quale sottolinea come per un principio «di perfetta corrispondenza funzionale» si esige «che un istituto, raggiunto lo scopo per cui è stato creato, non conservi una pericolosa ultraefficacia» Al riguardo si precisa, infatti, che per quanto possa essere giusto che sul creditore non si faccia gravare la difficoltà di dover chiedere a ciascuno dei debitori la propria parte, effettuando così tante richieste quanti sono i debitori, è altrettanto vero che tale tutela non possa andare oltre le finalità proprie della solidarietà, venendo spinta fino al punto di arrecare un pregiudizio o un ingiusto vantaggio al condebitore liberato per effetto del pagamento dell’altro

    Così ricostruita la ragione posta a fondamento dei principi affidati agli artt. 1298 e 1299 c.c., si assume, conseguentemente, che la formula legislativa «l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o creditori» (art. 1298 c.c.) sia dotata di valore meramente decrittivo, limitandosi ad indicare il criterio quantitativo delle conseguenze dei vari atti o fatti nella sfera giuridica di ogni consorte. Al contempo si assume anche che l’azione di regresso non abbia riferimento diretto all’obbligazione solidale estintasi per effetto del pagamento, ma piuttosto, rappresenti un nuovo diritto di credito che, sui principi dell’arricchimento in senso lato, sorge pro quota in favore di un condebitore contro gli altri

    Non si tratta, tuttavia, di opinioni generalemente condivise, giacchè altra parte della dottrina, in una prospettiva unitaria e complessiva dell’obbligazione solidale, contesta la suesposta ricostruzione, ritenendo che, nei suoi aspetti di struttura e di disciplina, l’obbligazione solidale non si fermi sulla soglia dei rapporti esterni tra debitori e creditore ma si estenda in modo assolutamente naturale anche ai rapporti interni. In considerazione di ciò, si ritiene, infatti, che l’obbligazione solidale non debba essere intesa come sovrastruttura di obbligazioni parziarie, ma, più semplicemente come modo di essere e forma complessiva di rapporti obbligatori con pluralità di soggetti considerati tanto nel loro aspetto esterno quanto in quello interno. Da tale angolo visuale discende come corollario che il problemna dei rapporti interni tra i debitori e i creditori non è altro dalla solidarietà ma riguarda l’aspetto interno di essa e cioè la rifrazione dell’idem debitum nei rapporti interni tra consorti. Il regresso, il cui fondamento – stando a questa ricostruzione – verrebbe inutilmente ricercato al di fuori della solidarietà (nei principi dell’arricchimento in senso ampio, appunto), non andrà inteso come nuovo diritto di credito nascente, pro quota, in favore di un condebitore verso gli altri ma piuttosto come «effetto o aspetto dell’obbligazione solidale nel suo lato interno». Dal canto suo, poi, il riferimento alla divisione dell’obbligazione solidale, recuperato un valore diverso da quello meramente descrittivo, dovrà essere letto come necessaria rifrazione dell’obbligazione nei rapporti tra i diversi debitori e creditori non già, però, in senso naturalistico, ma, al contrario, quale particolare atteggiamento dell’obbligazione solidale “post factum”, e cioè dopo il pagamento

    4. Nozione e fondamento del diritto di regresso

    Lo strumento tecnico attraverso il quale viene garantita la divisione interna dell’obbligazione solidale è rappresentato dall’azione di regresso come testualmente definita e disciplinata all’art. 1299 c.c. Nel codice civile il termine regresso è utilizzato in modo polivalente, con riferimento a situazioni eterogenee neppure accostabili in linea di massima, il che rende complessa la ricostruzione di una nozione unitaria dell’istituto87. Senza dubbio, però, la più diffusa accezione del termine regresso indica il diritto e la conseguente azione riconosciuti a colui che abbia adempiuto un’obbligazione, all’adempimento della quale era tenuto con vincolo solidale assieme agli altri, di ottenere in tutto o in parte, il rimborso nei confronti di colui sul quale, nei rapporti interni, gravi il debito88. debitum nei rapporti interni tra consorti. […]Se si assume questo diverso angolo visuale, potrà recuperare il suo valore anche il riferimento alla divisione dell’obbligazione in solido, ove appunto quell’espressione dovrà essere intesa quale necessaria “rifrazione” dell’obbligazione nei rapporti tra i diversi debitori e creditori e ciò non nel significato di un suo dividersi in senso naturalistico ma nel significato di un particolare atteggiarsi dell’obbligazione solidale post factum (e cioè dopo il pagamento) nei rapporti interni tra i debitori (o i creditori). E dovendosi dunque qualificare il regresso ex art. 1299 c.c. non quale credito ex novo e sia pure pro quota ma quale effetto od aspetto dell’obbligazione solidale nel suo lato “interno”, se così può dire, divenendo, dunque, in tal caso superflua l’esigenza di porsi il problema di un “autonomo” fondamento o causa del regresso che sia altro dal fondamento della stessa obbligazione solidale riguardata post factum. Potrebbe in tal modo ritenersi anche superata l’annosa querelle tra un regresso quale diritto che è sorto ex novo per effetto del pagamento ed un regresso quale risultato di un fenomeno successione-surrogazione nel diritto del creditore soddisfatto».

    Benché tale accezione rilevi essenzialmente con riferimento al settore delle obbligazioni solidali in senso stretto, vale a dire nella figura tipica contemplata dal legislatore agli artt. 1292-1310 c.c. – nella quale il regresso si presenta come rimedio istituzionale anche se non esclusivo, fondato su presupposti e con disciplina idonei a distinguerlo da ogni altra azione funzionalmente affine – va precisato che l’azione di regresso sorge anche in tutte quelle figure di coobbligazione radicate sullo schema dell’obbligazione solidale tipica, dalla quale derivano, almeno per quanto riguarda gli aspetti fondamentali, la disciplina nei rapporti esterni, mentre la disciplina dei rapporti interni fra coobbligati può differire anche in maniera piuttosto sensibile.

    Senza pretesa di completezza, si segnalano, oltre al regresso tra condebitori in solido e a quello del fideiussore contro il debitore principale, i casi di regresso del coobbligato per gli alimenti (art. 443 c.c.); dell’appaltatore verso i subappaltatori (art. 1670 c.c.); del vettore solvente verso i covettori nel trasporto cumulativo (art. 1700 c.c.), di uno dei più assicuratori che abbia risarcito il danno all’assicurato (1910 c.cc.); del cofideiussore verso gli altri fideiussori (art. 1954 c.c.); del corresponsaile nel fatto illecito (art. 2055 c.c.); del terzo datore di ipoteca verso gli latri terzi datori di ipoteca (art. 2871 c.c.); il regresso nei confronti dei coobbligati falliti di cui all’art. 61 e ss. della legge fallimentare; infine nell’ambito della disciplina dettata dal Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e dal Testo Unico Bancario (D. Lgs. 24 febbraio 62 Indipendentemente dalla sua esatta nozione; in linea generale si è soliti intendere l’azione di regresso come un istituto mediante il quale il legislatore persegue l’obiettivo di ridistribuire un sacrificio patrimoniale – conseguente all’estinzione di un rapporto obbligatorio – fra una pluralità di soggetti a vario titolo cointeressati, in modo che ognuno di essi lo sopporti (o, viceversa, ne tragga profitto) nella misura corrispondente all’interesse a lui imputabile nella vicenda (ovvero in parti uguali, allorché non risulti altrimenti determinabile l’interesse specificamente riferibile a ciascuno di essi)91. Ne emerge un regresso che, al precipuo fine di ristabilire un equilibrio temporaneamente infranto, conferisce al soggetto di volta in volta individuato dal legislatore, un vero e proprio diritto di credito finalizzato a far sì che le conseguenze derivanti dall’atto estintivo non restino esclusivamente nella sfera giuridica del solvens (o dell’accipiens), ma siano equamente ripartite fra tutti coloro che sono tenuti a subirle pro parte92. Un diritto, dunque, che trae origine direttamente dal carattere solidale dell’obbligazione e non già da una preesistente relazione giuridica fra i coobbligati, che può anche mancare e che comunque, spiega effetto solo al fine di neutralizzare il riconoscimento legislativo del regresso o di vincere la presunzione di divisione in parti uguali.

    L’azione di regresso va dunque intesa come un istituto di carattere generale in quanto effetto ex lege o aspetto dello stesso vincolo solidale nel 1993, n. 385) sono previste specifiche ipotesi in cui il regresso, anziché come diritto del condebitore adempiente, si configura come vero e proprio obbligo. Resta altresì preclusa la qualifica del regresso come actio mandati, già imperante nell’ordinamento previgente, e riposante sull’idea che gli effetti della solidarietà, siano essi esterni o interni, trovino giustificazione in un reciproco mandato fra coobbligati96; prospettiva, questa, forse coerente in un ordinamento in cui la solidarietà passiva aveva fondamento volontaristico (art. 1188 codice civile del 1865), ma superata e forse anche superflua in quello attuale in cui essa si pone come principio dispositivo.

    5. Presupposti dell’azione

    Una ricostruzione delle caratteristiche strutturali dell’azione di regresso esige il rinvio a due disposizioni normative le quali, pur disciplinando situazioni profondamente diverse tra loro, risultano centrali per il corretto inquadramento sistematico dell’istituto in esame: l’art. 1299 c.c., in materia di obbligazioni in solido e il corrispondente art. 1950 c.c., previsto, invece, in materia di fideiussione (su cui infra, cap. III). La prima osservazione che scaturisce dalla lettura dell’art. 1299 c.c., concerne lo stretto collegamento che tale norma instaura tra l’azione di regresso e l’esistenza di un condebito. Essa, infatti, proprio nell’ambito della  disciplina delle obbligazioni solidali, rappresenta una sorta di svolgimento consequenziale delle disposizioni di cui agli artt. 1294 e 1298 c.c. Di queste ultime, la prima, come noto, stabilisce una presunzione iuris tantum in forza della quale il meccanismo solidale – in difetto di una difforme previsione della legge o del titolo – funge da tipica modalità d’attuazione di quelle obbligazioni assunte da una pluralità di debitori per il soddisfacimento di un interesse comune a tutti i componenti del gruppo. La seconda, invece, pone il principio per cui nei rapporti interni il vincolo solidale cessa di produrre effetto, mentre diviene preminente l’esigenza di assicurare la parità di trattamento tra i consorti, ripartendo fra gli stessi il peso economico del debito in proporzione tendenzialmente egualitaria.

    Al soddisfacimento di tale esigenza è preordinata l’azione di regresso attribuita al debitore solidale a norma del successivo art. 1299 c.c., la quale opererà sulla base di due presupposti essenziali: a) la partecipazione ad un «condebito», che presuppone più soggetti tenuti, in forza di una eadem causa obligandi alla medesima prestazione, e b) l’adempimento dell’obbligazione comune da parte di uno dei condebitori. Il primo di tali presupposti è implicito nella funzione stessa assolta dal diritto di regresso, il quale, presupponendo un assetto dei rapporti interni tra coobbligati imperniato sulla riferibilità a ciascuno di essi di una quota del debito comune, non potrebbe trovare applicazione laddove non dovesse aver luogo il fenomeno descritto dall’art. 1298 c.c.. Il diritto di regresso, secondo lo schema dell’art. 1299 c.c., si atteggia infatti come un diritto nuovo, nascente dopo che l’adempimento da parte di uno dei condebitori abbia estinto il debito comune e commisurato nella sua entità non già a quest’ultimo, bensì alla quota interna di spettanza di ciascun consorte99. Quanto al secondo presupposto, occorre precisare che malgrado testualmente l’art. 1299 c.c. si riferisca al «pagamento» dell’intero debito, ad esso dovranno essere equiparati anche gli altri modi di estinzione diversi dall’adempimento, con l’ovvia precisazione, però, che l’attribuzione di un diritto di regresso non potrà discendere indiscriminatamente da ogni fattispecie estintiva dell’intero debito cui abbia partecipato solo uno dei coobbligati. Se fondamento imprescindibile del diritto di regresso è, infatti, la ripartizione fra consorti dell’onere economico dell’obbligazione comune, in proporzione delle va’intesa alla lettera dal lato formale e strutturale: l’obbligazione, invero, è un vincolo concepibile ed esistente solo nei rapporti debitore-creditore, cioè solo nei cosiddetti rapporti esterni, e tanto basta ad escludere che sia raffigurabile anche nei rapporti interni, e, a fortiori, che in questi rapporti possa dividersi. Possono bene aversi obbligazioni fra i condebitori o fra i con creditori, ma non si tratta dell’originaria obbligazione che si frazioni, bensì di nuove obbligazioni, che sorgono tra i consorti, sulla base della loro preesistente comunione di interessi, allorché in seguito si verifichi un’ulteriore fatto che su quella comunione venga ad incidere. Difatti, la cosiddetta divisione dell’obbligazione nei rapporti interni, per quanto riguarda il regresso, si verifica anche nel caso di prestazione indivisibile, il che sarebbe una contraddizione insuperabile se si avesse una vera e propria divisione, e invece conferma che non di ciò si tratta, bensì semplicemente di un regresso pro quota. È vero, poi, che, quando l’originaria prestazione è divisibile, una divisione avviene anche nell’altro rimedio spettante al solvens, cioè nella surrogazione, sebbene con quest’ultima rimanga in vita proprio il credito originario; ma appunto perciò la divisione avviene anche ora non in un rapporto tra coobbligati, bensì in un rapporto debitori-creditore, con l’unica particolarità che il nuovo creditore è ora una persona che prima della surrogazione militava fra i debitori. L’atto solutorio da lui effettuato produrrebbe l’effetto di estinguere il diritto del creditore in via satisfattiva senza tuttavia incidere sull’obbligo riferibile al debitore principale, il quale resterebbe inalterato grazie alla vicenda surrogatoria che, come noto, consentendo il subentro di un altro nel posto del creditore originario, impedisce l’estinzione dell’obbligo che dovrebbe naturalmente accompagnare l’estinzione del diritto del creditore.

    6. “Misura” ed oggetto del diritto di regresso

    Venendo ad esaminare in modo più dettagliato, benchè non esaustivo, la disciplina del diritto di regresso, occorre analizzare partitamente l’oggetto dell’azione, cioè ciò che è dato al solvens di recuperare ed in quale maniera, ed il quantum del diritto di regresso in relazione al diverso pagamento, o meglio alla diversa “misura” del pagamento a sua volta eseguito dal solvens.

    Quanto a quest’ultimo aspetto va anzitutto precisato che l’azione di regresso, essendo esperibile solo per la parte destinata a gravare su ciascun coobbligato nei rapporti interni (art. 129 c.c.) e nei limiti di quanto effettivamente pagato102, non ha carattere solidale e ciò trova giustificazione nell’opportunità di evitare un inutile circuito di azioni.

    Tale ratio segna, peraltro, il limite di operatività del principio, dovendosi riconoscere il persistere del vincolo solidale nei rapporti interni a favore dell’adempiente quando questi abbia regresso per l’intero nei confronti di più coobbligati (basti pensare all’art. 1951 c.c., su cui infra cap. III)104. Nei limiti della propria quota, al solvens spetta, il diritto al recupero del capitale ma anche degli interessi e, proporzionalmente, delle spese effettuate nei rapporti con il creditore. Per quanto concerne gli interessi, l’adempiente ne avrà diritto sulle somme pagate, dal giorno del pagamento, nella misura legale o in quella superiore convenuta per il credito originario, analogamente a quanto previsto in materia di fideiussione. Sotto il profilo delle spese, invece, non si tratta di una disciplina richiamata per analogia dalla fideiussione caso, invece, sempre verso ciascun consorte in proporzione della rispettiva quota di costui, avrà regresso solo per la parte pagata in eccedenza rispetto alla propria quota di debito. Tuttavia, sempre in base all’azione personale di regresso, avrà diritto agli interessi solo nel saggio legale, mentre, quelli convenzionali superiori ai legali, potrà pretenderli solo avvalendosi della surrogazione.

    Con particolare riguardo all’oggetto del diritto di regresso occorre precisare che esso si differenzia in relazione alla prestazione eseguita dal solvens. Ed infatti, escluse le obbligazioni negative nelle quali il regresso non trova applicazione, nel caso in cui si sia eseguita una prestazione di fare o di consegnare una cosa infungibile, il regresso non potrà avere ad oggetto altro che il valore della prestazione o della cosa pro quota tra i vari consorti; laddove, invece, la prestazione abbia avuto ad oggetto una cosa fungibile diversa dal denaro, si potrà optare tanto per il regresso in natura, quanto per il regresso per equivalente, sicuramente più comodo perché diretto a recuperare il valore della prestazione in denaro. Un’ultima regola di portata generale riguarda, infine, l’ipotesi di insolvenza di uno dei coobbligati solidali. In tale circostanza è previsto, infatti, che tutti i coobbligati, compreso il solvens, sopportino, in proporzione delle rispettive quote, l’insolvenza di uno di essi o l’insolvenza del coobbligato con interesse esclusivo. Detta perdita, tuttavia, ricadrà solo sul solvens

    7. La disciplina delle eccezioni e della prescrizione

    Anche in ordine alla disciplina relativa all’opponibilità delle eccezioni occorre procedere alla dovute distinzioni. Il condebitore convenuto in regresso può sicuramente opporre al condebitore agente le eccezioni fondate sui loro rapporti reciproci, cui si aggiunge la possibilità di opporgli le eccezioni che spettavano all’attore contro l’originario creditore, sempre che non rivestano carattere strettamente personale. Potrà, dunque, nei limiti anzidetti, trarre eccezioni da fatti relativi al rapporto creditore-solvens, che incidono sulla fattispecie costitutiva del diritto di regresso ed in particolare potrà opporre quelle eccezioni che l’attore avrebbe potuto opporre al creditore per sottrarsi al pagamento.

    Meno pacifica risulta, invece, la questione relativa alla posizione del solvens con riferimento alle eccezioni che il convenuto in regresso avrebbe potuto opporre al creditore. Invero, al riguardo, si contrappongono due diversi orientamenti. Mentre alcuni ritengono che, come principio generale, si debba consentire di opporre tutte le eccezioni anche se strettamente personali al convenuto, da altra parte si tende, invece, a circoscrivere tale opponibilità alle sole eccezioni strettamente personali al convenuto. In una posizione intermedia si colloca, infine, quella dottrina che, muovendo dall’art. 1952 c.c. in tema di fideiussione, trae argomenti utili a revocare in dubbio entrambe le richiamate opinioni.

    Relativamente al regime della prescrizione, si ritiene che il diritto di regresso, inserendosi nell’ambito dell’originario rapporto e costituendo di esso solo un ulteriore sviluppo, in assenza di diversa specifica disciplina, sia assoggettato ad un termine di prescrizione identico a quello del credito originario (chiaramente se il termine di prescrizione del debito originario non è quello normale ma si tratta di termine breve, anche l’azione di regresso avrà lo stesso tipo di prescrizione). Tanto sia nel caso in cui si affermi la natura di  surrogazione legale a norma dell’art. 1203 n. 3 c.c., con la conseguenza che diventano a lui opponibili non solo le eccezioni relative al rapporto interno di solidarietà, ma anche quelle opponibili al creditore in solido, relative a limitazioni, decadenze e prescrizioni inerenti al diritto che ha formato oggetto di surrogazione».  quanto nella diversa ipotesi in cui si tengano distinte le due azioni .

    8. La surroga del condebitore adempiente come ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 n. 3 c.c.

    Benchè nella sezione III del capo VII del codice civile, dedicata alla disciplina delle obbligazioni in solido, non vi sia un espresso richiamo alla norma in materia di surrogazione, si ritiene, comunemente, che al condebitore solidale che abbia eseguito per intero la prestazione, a fronte della  richiesta da parte del creditore, spetti la possibilità di surrogarsi nei diritti di quest’ultimo al fine di recuperare quanto effettivamente pagato in ragione del vincolo di solidarietà intercorrente tra le parti (un meccanismo teso rafforzare il diritto di regresso già spettante al condebitore solvente in virtù della disciplina generale delle obbligazioni in solido, attraverso la possibilità di giovarsi delle garanzie annesse la credito soddisfatto). Si realizza, infatti, secondo l’opinione largamente accolta, un’ipotesi di surrogazione legale e precisamente quella contemplata nell’art. 1203 n. 3 c.c. ove è espressamente previsto che «la surrogazione ha luogo di diritto a vantaggio di colui che essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo»

    Venendo ad esaminare più dettagliatamente la disciplina dell’istituto in esame, occorre precisare anzitutto che per quanto concerne la surrogazione legale e dunque quella surrogazione che, prescindendo dalla volontà del creditore o del debitore, opera «di diritto» il subingresso del solvens nelle ragioni del creditore soddisfatto, tuttora discusso è il problema dell’operatività dell’effetto surrogatorio, e cioè in che senso debba intendersi la formula legislativa secondo la quale, appunto, «la surrogazione ha luogo di diritto». Mentre taluni, infatti, plausibilmente, ritengono che la surrogazione operi in modo assolutamente automatico, non essendovi necessità che il solvens dichiari di volerne beneficiare, altri, invece, ritengono che l’effetto surrogatorio e quindi il subingresso nei diritti del creditore, lungi dall’essere automatico, operi mediante un atto di volontà del solvens. Un atto che, secondo questa ricostruzione, costituirebbe esercizio di un diritto potestativo di subingresso o di surrogazione, con il quale il solvens manifesterebbe l’intenzione di surrogarsi.

    9. La complessa costruzione giuridica della surrogazione per pagamento. Nozione e fondamento della surrogazione nelle obbligazioni solidali

    Volendo fornire una definizione, sia pure generica, di surrogazione si può affermare che la surrogazione è quell’istituto caratterizzato dalla sostituzione del creditore originario con un altro soggetto che ha provveduto al «pagamento» o ha fornito al debitore i mezzi per eseguirlo. Accogliendo questa nozione, risulta agevole ritenere che la funzione della surrogazione, specie nell’ipotesi specifica richiamata, e cioè nella surrogazione legale di cui al n. 3 dell’art. 1203 c.c., sia proprio quella di assicurare il recupero della prestazione erogata, al soggetto che aveva un interesse, normativamente tipizzato, a soddisfare il precedente creditore. Tale funzione risiede su una precisa considerazione di fondo e cioè quella secondo cui nonostante nell’ipotesi dell’obbligazione solidale passiva il condebitore, in ragione del vincolo di solidarietà, sia sicuramente tenuto ad eseguire l’intera prestazione, è altrettanto vero che sia la peculiare struttura di tale rapporto a legittimare il condebitore stesso a recuperare, in un secondo momento, il surplus della prestazione eseguita che, in definitiva, non era da lui dovuta per l’intero.

    Contrariamente al diritto di regresso, l’inquadramento sistematico della surrogazione, come peraltro già emerso nelle pagine dedicate alla ricostruzione delle sue origini, ha sollevato non poche difficoltà in dottrina la quale ha dovuto fare i conti con la singolarità di un istituto, che malgrado presenti una disciplina abbastanza limpida, viceversa è risultato, da sempre, estremamente complesso sotto il profilo della sua spiegazione dogmatica. Coerentemente con la funzione “recuperatoria” dell’istituto, la più accreditata dottrina, oggi senza dubbio prevalente, ravvisa nel meccanismo della surrogazione una vicenda di tipo successorio e precisamente una successione nel lato attivo del rapporto obbligatorio, nella forma di una successione a titolo particolare nel credito, in virtù della quale, del tutto appropriata la denominazione codicistica dell’istituto in termini di «pagamento con surrogazione» poiché mette significativamente in luce l’elemento sempre essenziale della fattispecie surrogatoria e cioè il pagamento con il suo particolare effetto: la surrogazione.

    Tale denominazione non accentua dunque il momento solutorio della fattispecie ma sottolinea la mancanza dell’effetto estintivo nel pagamento surrogatorio: al pagamento consegue, appunto, la surrogazione e non l’estinzione. Diversamente, la dottrina preferisce ricorrere all’espressione «surrogazione per pagamento» ove ciò che è messo in primo piano è l’effetto (la surrogazione) collegato alla sua causa (il pagamento). Mantenendosi inalterato il rapporto giuridico originario, si determina in favore del solvens il duplice effetto del subingresso nei diritti e nelle ragioni già spettanti al creditore, e, contestualmente, la sopravvivenza in favore del surrogato delle garanzie che assistevano il credito originario. Verosimilmente, dunque, la ragion d’essere dell’istituto risiede proprio nell’esigenza di assicurare al terzo, che non abbia adempiuto con animus donandi, tutte quelle garanzie che competevano all’originario creditore contro il debitore, in difesa e contestuale rafforzamento dei diritti per lui nascenti dal pagamento: primo fra tutti il diritto di regresso

    Prescindendo dalle più antiche ricostruzioni già esaminate e cioè quelle che per spiegare la peculiare fisionomia del fenomeno surrogatorio ricorrevano all’espediente della finzione – in particolare considerando la surrogazione una sorta di cessio ficta o di finta cessio legis (su cui, supra, cap. I) 130 –, si è sostenuto, da più parti, che la surrogazione per pagamento si avvicini, sotto profili diversi, tanto allo schema della successione quanto a quello della novazione, ma che al contempo non possa farsi rientrare in alcuno di essi. Si tratta di una configurazione ibrida del fenomeno surrogatorio secondo la quale, muovendosi dalla premessa dell’efficacia estintiva del pagamento, il solvens acquisterebbe un diritto di credito nuovo, di contenuto identico a quello spettante al creditore, non per effetto di un trasferimento di esso operato dal precedente titolare ma per effetto di una delazione del credito collegata al subentro nel solo «posto» del creditore (non nel suo credito estintosi per effetto del pagamento). A restare in vita in seguito al pagamento, sarebbe, dunque, soltanto l’altra faccia dell’obbligo, e cioè il  «posto» di creditore nel quale subentrerebbe il terzo acquistando un diritto nuovo ma di contenuto identico al precedente. Una simile ricostruzione, per quanto acuta, è apparsa ai più come una palese forzatura all’interno del sistema normativo A tal proposito si è evidenziato come il «posto di creditore» non rappresenti un’entità concettualmente autonoma, distinguibile e dissociabile dal diritto di credito, ma al contrario una semplice espressione di comodo per indicare un mutamento di titolarità nella situazione giuridica dell’originario creditore. Quanto, poi, al preconcetto dell’efficacia estintiva del pagamento, si è ritenuto che, nel nostro sistema normativo, l’effetto surrogatorio, con il quale si sfrutta il potenziale del rapporto rimasto inattuato, debba porsi in ordine di priorità rispetto alla residuale estinzione derivante dal pagamento, con la conseguenza che la regola che sembrava di portata generale e cioè quella secondo la quale con l’adempimento del terzo si estingue necessariamente il rapporto, rimane destinata ad operare nell’estrema ipotesi in cui non si verifichi la surrogazione.

    10. La natura del pagamento surrogatorio

    Per meglio spiegare il particolare atteggiarsi della vicenda surrogatoria, nella sua essenza successoria, occorre vagliare, tuttavia, la peculiare natura del pagamento surrogatorio senza mai perdere di vista gli interessi che rilevano nel complesso meccanismo in esame: l’interesse del creditore soddisfatto

    Come è noto il pagamento (o adempimento) in senso tecnico, inteso come esatta esecuzione della prestazione del debitore nei confronti del creditore, si caratterizza per la contestuale presenza di due tipici elementi: uno oggettivo consistente nell’attuazione del contenuto dell’obbligo e uno soggettivo connesso alla provenienza e alla direzione dell’atto solutorio. Ora, mentre la preesistenza dell’obbligo in capo al soggetto adempiente (appunto debitore), determina senza dubbio l’idoneità dell’atto a porsi come fatto estintivo del rapporto obbligatorio, integrando i due richiesti elementi, l’eventuale intervento da parte di un terzo, vale a dire un soggetto estraneo rispetto al rapporto oobbligatorio, non potrà essere configurato come adempimento in senso tecnico giacchè il terzo, per definizione, adempie un obbligo altrui, tenendo un comportamento perfettamente libero sia sotto l’aspetto psicologico che sotto l’aspetto giuridico. Ciononostante tale attività, sotto il profilo dell’efficacia strumentale, viene considerata funzionalmente equivalente a quella del debitore135, non tanto perché idonea di per sè a soddisfare materialmente l’interesse del creditore, quanto piuttosto perché caratterizzata da un particolare animus di realizzazione del credito da parte del terzo, pur nella consapevolezza della sua estraneità rispetto al rapporto obbligatorio136. 134 Nella vicenda surrogatoria l’interesse del solvens al recupero della prestazione, assume una fisionomia particolare. Si tratta infatti dello specifico interesse al recupero del bene fatto conseguire al creditore la cui tutela è perfettamente raggiungibile attraverso il subingresso negli stessi diritti del creditore soddisfatto verso il debitore. La surrogazione è perciò un mezzo di recupero diverso dall’azione di regresso; non tanto si provvvede a rimediare per questa via, con un’azione di tal genere, al depauperamento del solvens, quanto gli si concede, con lo speciale beneficio della surrogazione, uno strumento di tutela che assicura, per così dire, la reintegrazione in forma specifica del suo patrimonio, e questo risultato si ottiene appunto attraverso il subingresso negli stessi diritti del creditore soddisfatto: dunque, non quel semplice rimedio che è l’azione di regresso, ma qualcosa di più e di diverso. Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1525 135 NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 91 ss. 136 CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja- Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 12 80 Diversa è invece la situazione nel caso della surrogazione ove il pagamento, inteso semplicemente come mezzo di soddisfacimento dell’interesse creditorio, acquista una rilevanza ed un significato del tutto peculiari in ragione del suo porsi quale presupposto per l’acquisto del diritto di credito in favore del solvens (rectius quale fatto acquisitivo del diritto)137. Ed invero, mentre sul fronte del creditore, il pagamento, pur non estinguendo il diritto, ne realizza comunque l’interesse e ne giustifica, per ciò stesso, l’estromissione dal rapporto; sul fronte del solvens, esso determina il sorgere dell’interesse al recupero della prestazione eseguita sine causa, con conseguente acquisto a titolo derivativo del diritto originariamente spettante al creditore soddisfatto138. Affinchè l’effetto surrogatorio si realizzi concretamente, è necessario, tuttavia, che il pagamento eseguito dal terzo venga realizzato non soltanto con la consapevolezza dell’estraneità al rapporto ma soprattutto, ed in ciò il tratto caratterizzante dell’istituto, senza il particolare animus solutorio che contraddistingue l’adempimento del terzo. Così facendo, infatti, il pagamento assumerà la connotazione di un atto non negoziale che rileverà come mero presupposto di effetti giuridici direttamente ricollegati dall’ordinamento all’attivita satisfattoria del terzo139. Certo può accadere che il terzo sia mosso, ad esempio, da un intento di liberalità, ed in tal caso si avrà estinzione del rapporto; ma rimane pur fermo che in assenza della volontà di estinzione del rapporto, esso resta inalterato sia nel diritto che nell’obbligo. 137 cfr. Cfr. CARPINO, voce Surrogazione (Pagamento con), in Noviss. Dig. it., XVIII, 1971, 966, secondo cui di fondo occorre rivedere «la considerazione, implicita ma chiarissima, che un qualsiasi accadimento idoneo a soddisfare l’interesse dedotto nel rapporto abbia, per ciò stesso e solo per questo, efficacia estintiva del diritto». 138 Cfr. MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1526 s. 139 Cfr. CARPINO, voce Surrogazione (Pagamento con), in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, 967, secondo cui «l’attività materialmente satisfatativa dell’interesse creditorio per poter avere efficacia estintiva deve essere ‘rivestita’ di un’adeguata forma giuridica. Viceversa l’attività satisfattoria del surrogante è qualificata dalla particolare funzione di estromettere il creditore dal rapporto, in modo da poter ‘acquistare’ il credito, ovverosia di succedere in senso tecnico. 81

    Aspetti generali della surrogazione legale e tratti tipici dell’ipotesi normativa prevista al n. 3 dell’art. 1203 c.c. L’art. 1203, nel disciplinare i casi che la rubrica considera di surrogazione legale, indica, la modalità di realizzazione della surrogazione, precisando che essa «ha luogo di diritto» nelle ipotesi espressamente previste dalla norma e negli altri casi stabiliti dalla legge. Tale formula legislativa ha suscitato non poche perplessita in dottrina. Secondo una diffusa opinione, la surrogazione opererebbe in modo assolutamente automatico, non essendovi necessità che il solvens dichiari di volerne beneficiare140, secondo altri, invece, l’effetto surrogatorio e cioè il subingresso nei diritti del creditore soddisfatto, non sarebbe automatico ma opererebbe, al contrario, mediante un atto di volontà del solvens. Tale atto, diretto a manifestare l’intenzione del solvens di surrogarsi, costituirebbe, secondo questo orientamento, esercizio di un diritto potestativo di subingresso nella posizione del creditore soddisfatto141. 140 In tal senso BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, 62; BUCCISANO, La surrogazione per pagamento, Milano, 1958, 73, secondo cui perfezionatasi la fattispecie, il subingresso del solvens nei diritti del creditore soddisfatto segue automaticamente, ope legis, nel momento logicamente successivo. Non si rihiede, dunque, che il solvens dichiari di voler beneficiare della surrogazione né, tantomeno, che il debitore accetti la surrogazione o che gli sia fatta notificazione formale; CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1201-1205, Bologna-Roma, 1988, 67 ss; SANTAGATA, L’automaticità della surrogazione assicuratoria (Appunti per una costruzione unitaria del subingresso nel credito), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, 1102 ss., specialmente in conclusione, 1263 s.; GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, 115, seconco cui la surrogazione legale «opera senza il concorso della volontà delle parti e senza la dichiarazione del solvens di volersi surrogare, nei casi menzionati dall’art. 1203». In giurisprudenza, v. Cass. 24 novembre 1981, n. 6240, in Mass. Giur. it., 1981, ove si afferma che la surrogazione legale, a differenza di quella volontaria, opera di diritto e quindi non occorre la dichiarazione formale ed espressa del solvens di volersi surrogare, né il consenso del creditore soddisfatto alla surrogazione stessa. 141 In tal senso ANDREOLI, Riflessioni sulla surrogazone a favore del terzo acquirente dell’immobile ipotecato e del terzo datore di ipoteca, in Studi in onore di F. Santoro- Passarelli, I, Napoli, 1972, 73 ss., il quale afferma inoltre (ivi, 83 ss.) che il credito in cui si può subentrare, successivamente al soddisfacimento del creditore e fintantoché non sia esercitato il diritto di surrogazione, viene a trovarsi in una fase di quiescenza che cessa soltanto con l’esercizio di questo diritto. In giurisprudenza, Cass. 7 luglio 1960, n. 1794, in Giust. civ., 1961, I, 118 ss., «il principio sancito nell’art. 1203 c.c., secondo il quale la 82 Si tratta di ricostruzioni variamente argomentate le quali, però, restano in ogni caso accomunate da un presupposto comune ed indiscusso e cioè la facoltà concessa al solvens di rinunziare liberamente al beneficio della surrogazione disposto dalla legge in suo favore laddove non intenda profittarne142. Il numero 3 dell’art. 1203 considera l’ipotesi sicuramente più diffusa e più importante di surrogazione legale. Esso, infatti, nel prevedere la surrogazione «a vantaggio di chi, essendo tenuto con altri o per altri, al pagamento del debito, abbia interesse a soddisfarlo», contribuisce a chiarire il fondamento e la struttura del complesso meccanismo surrogatorio. La circostanza che un soggetto sia tenuto con altri o per altri ad eseguire una prestazione, se per un verso conferma l’assenza in capo al solvens di un obbligo proprio all’esecuzione della prestazione, per altro verso rappresenta il fondamento stesso dell’istituto e la giustificazione all’intervento di un soggetto in un rapporto obbligatorio rispetto al quale si è terzi. Se presupposto costante della surrogazione è l’esecuzione da parte del solvens di una prestazione non dovuta, tale esecuzione è comunque giustificata dall’esistenza e dalla rilevanza di un interesse all’esecuzione medesima. Quest’ultimo, a volte rimesso alla valutazione dei privati, a volte formalizzato dallo stesso legislatore, si traduce per il terzo nella necessità di adempiere, quasi sempre per evitare l’eposizione ad eventuali azioni da parte del creditore. surrogazione legale ha luogo di diritto, va inteso nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore precedente e del debitore e non già nel senso che si attui automaticamente, indipendentemente dalla dichiarazione del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto. Anche la surrogazione legale attribuisce un diritto potestativo; la volontà di esercitarlo deve quindi necessariamente essere fatta valere ed essere portata a conoscenza degli interessati». Nella più recente giurisprudenza di merito, Trib. Roma, 11 marzo 2009, Mass. Giur. it., 2009, ove si ribadisce: «L’art. 1203 c.c., in base al quale la surrogazione legale ha luogo di diritto, va intesa nel senso che essa possa operare senza il previo consenso del creditore originario o del debitore, e non invece nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dal terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto» 142 MAGAZZÙ, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., XLIII, 1990, 1535 83

    11. Gli effetti della surrogazione e le eccezioni opponibili

    Alla stregua delle osservazioni che precedono si può affermare che la surrogazione per pagamento, risolvendosi in una perfetta successione tra creditore originario e surrogato, determina, quale effetto principale, il subingresso del terzo che paga nei diritti e nelle azioni del creditore originario, con l’ovvia conseguenza che al surrogato sarà riconosciuta la possibilità di agire nei confronti del debitore facendo valere gli stessi diritti del creditore originario e con le stesse limitazioni di questo143. Naturalmente, trattandosi di coobbligato solidale (tenuto «con altri»), occorrerà detrarre dal credito principale la parte corrispondente alla quota interna di debito del surrogato, nonché, chiaramente, non gli si consentirà di agire contro il singolo condebitore se non limitatamente alla quota di quest’ultimo. Come risulta dalla funzione e dalla disciplina della surroga, l’“integralità” del subingresso conseguente al pagamento del solvens, fa sì che lo stesso, oltre a surrogarsi nel credito principale, subentri anche nei suoi accessori: i privilegi che vi ineriscono e soprattutto i diritti di garanzia, reali e personali che vi sono annessi (è la cosiddetta «estensione» della surroga alle garanzie del credito). Il discorso vale certamente per le garanzie reali costituite dal debitore a favore del creditore, di modo che il solvens che abbia provveduto al pagamento del debito potrà ad esempio subentrare ope legis nella garanzia ipotecaria che assiste il creditoovvero avvalersi della garanzia rappresentata dal pegno , ma si accresce anche con riferimento al terzo datore, al fideiussore che abbia dato separata garanzia per il debito pagato e al terzo acquirente dell’immobile ipotecato, suo malgrado costretto a subire gli effetti della garanzia senza averli determinati.

    Sotto il profilo strettamente formale, la trasmissione dell’ipoteca per surrogazione nel credito ipotecario necessita di essere annotata in margine all’iscrizione dell’ipoteca stessa e detta trasmissione non ha effetto finchè l’annotazione non sia stata eseguita. Nella particolare ipotesi in cui il credito sia munito di pegno, l’art. 1204, 2° comma, rinvia al secondo comma dell’art. 1263 c.c., in virtù del quale il creditore originario non può trasferire al surrogato il possesso della cosa ricevuta in pegno senza il consenso del datore di pegno; in caso di dissenso, sarà lo stesso creditore a rimanere custode del pegno. Si tratta di una disposizione introdotta ex novo nel codice vigente, attraverso la quale si è risolta una questione dibattuta in passato, specialmente con riferimento alla surrogazione legale. Come noto, infatti, nella Relazione al Re, n. 567, si era rilevato che l’intuitu personae nei confronti dell’originario creditore pignoratizio non può essere eliminato dalla volontà della legge (nella surrogazione legale) o addirittura dal creditore surrogante (nella surrogazione per volontà di quest’ultimo), dato che non sempre il secondo creditore merita la stessa fiducia riposta nel creditore originario. Questi, dunque, qualora il costituente non consenta la trasmissione della cosa data in pegno, ne diventerà custode come semplice terzo datore.

    Benché non manchino voci contrarie, l’opinione prevalente, ritiene che la surrogazione sia efficace nei confronti sia del debitore che dei terzi che hanno prestato garanzia, senza bisogno di formalità. Non è prescritta, infatti, alcuna notificazione o comunicazione, né occorre accettazione, perché la surrogazione abbia effetto verso il debitore e verso i garanti.

    Per quanto concerne in particolar modo i terzi, il solvens surrogatosi nella posizione del creditore, oltre ad escutere le garanzie da questi prestate, potrà esperire ogni azione personale, ivi comprese la surrogatoria e la revocatoria che spettavano al creditore garantito, nonché i diritti che derivano al creditore da cessioni fattegli dal debitore. Nulla esclude infatti che il surrogato, eccezion fatta per le ipotesi d’intrasmissibilità del diritto per ragioni attinenti alla personalità del credito ovvero per diverse motivazioni parimenti idonee ad escluderne l’esercizio da parte del sua, possa subentrare nella titolarità del diritto ceduto dal debitore al creditore originario al fine di recuperare quanto già corrisposto a quest’ultimo.

    In assenza di una specifica previsione legislativa, il subingresso del terzo surrogato pone il problema della disciplina del rapporto intercorrente tra quest’ultimo ed il debitore, con particolare riferimento al regime delle eccezioni opponibili dal secondo e al problema delle azioni esperibili da primo. Conviene premettere che per quanto riguarda il regime delle eccezioni opponibili dal debitore al surrogato, la dottrina non sempre si mostra convinta che il subentro da parte del surrogato nella stessa posizione del creditore originario, comprenda anche le eccezioni personali. Ed infatti risulta divisa da due diversi orientamenti. Il primo reputa opponibili al surrogato solo le eccezioni oggettivamente fondate sul rapporto obbligatorio, mentre quelle soggettive, legate alla persona del creditore originario potrebbero essere opposte al surrogato solo nell’ipotesi di surrogazione per volontà del creditore; il secondo, invece, riconosce al debitore la possibilità di opporre al surrogato tutte le eccezioni, personali e non personali, che avrebbe potuto opporre al creditore, semprechè si tratti di eccezioni ancora opponibili. Tale posizione argomenta essenzialmente dalla considerazione il surrogato subentra nello stesso rapporto rispetto al quale il debitore conserva la posizione originaria.

    La giurisprudenza, dal canto suo, ritiene che il debitore possa opporre al surrogato tutte e eccezioni opponibili al creditore in ordine all’esistenza ed all’entità del debito. Analoghe perplessità si rilevano in dottrina con riguardo alla disciplina delle azioni proponibili dal surrogato. Tuttavia, mentre l’azione di nullità del contratto fonte del credito in cui subentra il surrogato, si ritiene possa essere esperita da quest’ultimo così come da chiunque vi abbia interesse, maggiori difficoltà si riscontrano relativamente alle altre azioni contrattuali. A tal proposito l’opinione prevalente ritiene che, conformemente alla funzione della surrogazione, alla natura della vicenda surrogatoria e all’interesse che la promuove, il surrogato subentra nei diritti del creditore senza divenire però parte del rapporto contrattuale intercorrente tra debitore e creditore originario. Ne consegue che il surrogato non può esercitare le azioni inerenti alla qualità di contraente quali l’azione di risoluzione per inadempimento del debitore originario, quella di annullamento o quella di rescissione del contratto.

    Martina Mazzei
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