L’accesso alle professioni legali in Italia non è assistito da percorsi professionali specifici e capita di sovente che, spesso, i giovani laureati, non appena conseguita la laurea in giurisprudenza, rimangano del tutto sprovvisti di una linea direttrice che consenta loro di comprendere quale strada professionale intraprendere. Accade così che non facciano alcuna scelta mirata e si promuovano come praticanti avvocati, aspiranti magistrati e/o aspiranti notai in maniera del tutto indifferenziata.
Ciò in quanto le facoltà di giurisprudenza diversamente dislocate sul territorio italiano predispongono, attraverso le Scuole di specializzazioni legali post-universitarie, un’offerta di studio e di approfondimento non ancorata alle singole professioni se non in via puramente tendenziale, sulla falsariga della stessa offerta universitaria. La presenza sul mercato di scuole private a pagamento accresce la confusione nei giovani laureati e ottiene l’effetto di allungare ulteriormente il loro percorso di studi, costringendoli – con evidente aggravio economico delle loro famiglie – ad aggiungere ai cinque anni necessari per conseguire la laurea, altri due anni di scuola specializzazione legale, da fruire a pagamento.
In realtà, l’accesso a ciascuna delle professioni legali di Avvocato, Notaio e Magistrato presenta delle caratteristiche di specificità che non possono essere ignorate e che necessitano, per questi motivi, di approfondimenti di studio teorico – pratico assolutamente differenti tra loro.
In particolare, per quanto riguarda la Magistratura, l’accesso alla relativa professione avviene per concorso come previsto dalla nostra Costituzione. Il concorso viene bandito sulla base di linee programmatiche del Ministero di Giustizia, d’intesa con il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di Autogoverno della Magistratura. Si tratta di un concorso a numero chiuso (viene di norma bandito ogni anno per un numero di 200 – 300 posti) cui si accede dopo aver conseguito alternativamente uno dei seguenti titoli: l’abilitazione alla professione di Avvocato, il diploma di specializzazione presso la Scuola delle professioni legali, l’espletamento di un tirocinio di un anno e mezzo con esito positivo presso un giudice. Vi sono ammessi anche i funzionari presso le Pubbliche Amministrazioni.
È possibile tentare il concorso non più di tre volte
Per vincere il concorso è necessario essere dotati di una preparazione di altissimo livello, nonostante il concorso sia generalista, nel senso che richiede approfondimenti di studio in tutte le principali materie giuridiche. Infatti bisogna superare tre diverse prove scritte (nelle quali riportare la sufficienza singolarmente) di diritto civile, diritto amministrativo e diritto penale; gli ammessi alla prova orale (di solito di numero addirittura inferiore ai posti messi a concorso) devono superare l’esame in circa 13 diverse materie, compresa la lingua estera, l’informatica e la statistica. Le Commissioni vengono nominate dal Consiglio Superiore della Magistratura e sono costituite da Magistrati (uno dei quali presiede la Commissione) e Professori Universitari.
Si tratta di un concorso altamente selettivo, definito, tra gli addetti ai lavori, come di “secondo livello” perché vi si accede, di norma, dopo aver vinto un altro concorso (nelle Pubbliche Amministrazioni) o dopo essere divenuto Avvocato o aver conseguito il Diploma di specializzazione.